Mettetevi comodi, prendetevi una trentina di minuti e godetevi il discorso alla Nazione che nessun presidente vi farà a capodanno. Godetevelo, finchè non me lo censurano.
Musiche, immagini, effetti video, testi, doppiaggio e chi più ne ha, più ne metta... questa volta ho dato il massimo.
Lasciate commenti qui e su YouTube, fate quello che vi pare insomma.
Scoprire, fra tanti
pretendenti, chi potrebbe avere il “Fattore X” - una particolare propensione
all’arte, all’originalità e, ovviamente, alla capacità musicale - e poi
renderlo famoso grazie ad un programma televisivo: idea carina. Nulla di male, insomma;
anche i reiétti sfigati e poveracci hanno diritto ad un po’ di visibilità. Se dalla vittoria di
quella gara canora, poi, nasce un futuro nel mondo della musica ad alti livelli,
beh, tanto di guadagnato per il fortunato di turno. Il tutto, sempre sotto
il segno di una sana ricerca del famoso “Fattore X”.
Miei cari bimbi
sperduti nella penisola che purtroppo c’è, come state? Vi siete svegliati, o
state ancora sognando, fuorviati dalle prime parole di questo post, un mondo in
cui i Talent Show sono per prima cosa degli show e, soprattutto, servono a
cercare dei talenti? Ve lo chiedo, perché
programmi come X Factor non hanno obiettivi così nobili, ma producono, forse e
soprattutto, ascolti, e che ascolti!
Vomitelli, scoregge e
ruttini da divano, direi, considerando i puerili dati Auditel che si aggirano
fra il 2.8 ed il 3 % di share, anche se giornalisti esperti di tecnologia come
Francesco Marino, su intriganti post di /digitalic si sforzano di sfoggiare
centinaia di ulteriori dati che rafforzerebbero il gradimento del programma: numero
di Account più coinvolgenti, post più coinvolgenti, attivisti più coinvolgenti
della giornata, hashtag più usati. Tecnicamente, i Top
Influencer che hanno generato più engagement (like, repost e commenti). In pratica, quelli che
non hanno un cazzo da fare e stanno col cellulare in mano per postare frasi a
caso sul programma, aggiungendo un hashtag alla fine della frase o del post (cosa
che, ovviamente, farò anche io alla fine di queste righe, pensate che sia meno
scemo degli altri?). Sapendo che l’hashtag
genera visualizzazioni, è una gara a chi scrive di più, chi pubblica di più,
quindi si guarda il programma per commentare sui social - tutti i social
possibili, anche se inventassero una cacchetta che sorride tipo quella di Arale,
che invita a scrivere durante attacchi di diarrea fulminante - e i
commenti sono sulla storia personale della cantante, sui capelli che ha, su
come si muove, sulla cattiveria dei giudici, sulla scenografia, sui Måneskin, che non c’entrano un cazzo, ma tanto trattarli male è diventato sport
nazionale. Non un pubblico, ma una
specie di pubblico in cerca di successo di riflesso che cavalca l’onda, e che
magari ha il fratello, il cognato, la cugina, la figlia, che sta partecipando
ad X Factor. Loro, la specie di
pubblico, sono il metro di valutazione per la qualità di un Talent Show,
infatti le puntate sono tutte una rottura di scroto perpetua sul “seguiteci
sulla Pagina Instagram, scrivete hashtag di qua, hashtag di là”…
Hanno persino inventato
una sorta di sit-com con Hell Raton (Topone Infernale, uno dei giudici di X
Factor, rapper, produttore musicale) intitolata SOUNDSBUENO - anzi, scusate,
#SOUNDSBUENO, perché furbescamente con l’hashtag già nel titolo, la gente non
potrà mai dimenticarsi di aggiungerlo scrivendone a proposito - da seguire su
YouTube, durante la quale verrà scritto e prodotto un singolo con… con… Orietta
Berti.
EEHHH?!?! ORIETTA
BERTI?!?!
Spetta. Mi calmo.
La loro mossa astuta è
quella di portare ME - e quelli come me - ad essere intollerante e dire cose
razziste verso una persona avanti con l’età, mentre il Topone Infernale passa
per quello che unisce le generazioni e senza pregiudizi si apre al simbolo di
un’altra epoca, creando contaminazione musicale. Io, però, non ce l’ho
mica con Orietta Berti, anzi la trovo molto intonata e professionale. E molto
famosa. Da anni. Tanti anni. Per l’esattezza, la sua carriera è cominciata nel ’64
cantando le canzoni di Suor Sorriso (La fonte? Ovviamente, il SITO UFFICIALE),
quindi si tratta di 57 anni di soldi in tasca; mi sembra la persona giusta da
lanciare nel mercato con una NUOVA trovata pubblicitaria su un programma
dedicato ai NUOVI talenti. Il bello sono i
commenti delle persone sul Tubo, tutti entusiasti per la creazione di un titolo
da mettere al nuovo pezzo che farà sempre più ricchi quelli già ricchi, e
sempre più guardoni e sfigati quelli guardoni e sfigati. Vediamone alcuni (copio e incollo eh, paro paro):
- Ciao J Il titolo che vi
proporrei è il seguente: "Dolce amara poesia - Propongo: “Buonanotte
all’amore” oppure “Mi hai rubato la luna” - Io andrei di
“Lunatica” - Farewell-Despedida de
la noche-vale noctis (latino) - TITOLO: Cierre bajo
la luna Il senso spero si capisca, la traduzione spero vada bene. Fatemi sapere
cosa ne pensate . 😇
Capito?
Questi sono convinti che qualcuno risponderà ai loro messaggi. Comunque… 12.979,
16.221, 11.390: non sono i neuroni rimasti nel mio cervello, ma le
visualizzazioni ai video di cui sopra. Oh, il Topone Infernale
e compagnia hanno proprio indovinato il format: un social network macina cliccate
travestito da gara canora.
- OOOHHHHH Minchia Rò sei trooooppo
esagggerato! -
Bene, ora che abbiamo
capito chi è il pubblico di X Factor (il target, si direbbe in gergo),
cerchiamo di vedere come funziona sto programma OGGI. Prima di tutto, come si
guarda? Copio e incollo di nuovo, ma cancello il nome dei canali: “Giovedì 16
settembre alle 21.15 su S** U** (canale 1**, digitale terrestre canale 4**),
sempre disponibile on demand, visibile su S** G* e in streaming
su N**, arriverà la prima puntata delle selezioni di X Factor 2021.
L’esordio di questa edizione sarà in simulcast su TV* (al tasto 8 del
telecomando), mentre dalla seconda puntata in chiaro X Factor 2021
andrà ogni mercoledì in prima serata.”
Niente, lo leggo,
rileggo. Ci dormo su. Lo scrivo su un
foglietto, mi faccio lo schemino. Penso finalmente di aver capito, poi su
Instagram leggo “#XF2021 ogni giovedi alle 21.15 su…” eccetera eccetera. Vado in crisi. Penso che i magnaschèi,
come li chiama Balasso, possono permettersi la tv a pagamento, come anni fa era
per TELE +, e quindi vedono le puntate prima dei poveracci, ma poi i conti non
tornano; a pagamento il giovedi ed in chiaro il mercoledi… fra l’altro in
chiaro è tutto tagliato, non si capisce che cazzo dicono le persone, parte il
gingle a metà frase, le telecamere girano a volo per lo studio, che viene da
vomitare tutte le volte, e nonostante il ritmo serrato, le puntate finiscono
praticamente quando canta il gallo di fronte a casa mia, e fra l’altro canta
solo perché si è rotto le balle di sentire la roba che esce dalla tv della sua
vicina - che segue X Factor - e spera di coprire il rumore urlando. Con un po’ di calma,
capisco che è tutto un intreccio di puntate in diretta e repliche, che servono
ad alimentare, con sei giorni di differita, proprio il popolo dei social,
milioni di follower (ma la "s" ci va o no nei sostantivi plurali inglesi italianizzati? no perchè qualcuno dice di sì, qualcun altro ti uccide se lo fai. Scrivetemelo nei commenti per favore. Io credo di no.) che scrivono “hai visto la diretta ieri?” “no” “va beh, lo
rifanno mercoledi prossimo in chiaro, comunque ti racconto tutto adesso”. Bella sorpresa, eh? E giù coi click. E coi commenti. E con gli hashtag. Beh, vale la pena
aspettare una settimana, non c’è che dire. Oh, sia chiaro, miei
cari lettori squinternati, che io non ho la tv, come chi mi segue già sa, e che
so tutto ciò perché ho un video attaccato ad una chiavetta che mi permette di
vedere ciò che voglio e quando voglio; ve la suggerisco, è una forma di
libertà.
Dicevo, vale la pena
aspettare (ed è proprio una pena), perché quand’è il momento di vedere le
esibizioni degli aspiranti artisti, mi si allarga il cuore; sembra lo spot di
un’associazione di volontariato che aiuta le persone in difficoltà. Sono tutti casi umani.
Strazianti, oltretutto, per lo meno, così li
presentano. Nulla da dire nei
confronti dei casi umani, io ne porto la bandiera, ma se mi presentassi ad un Talent
Show, di certo non racconterei le mie patologie e la storia della mia famiglia,
soprattutto mi sentirei a disagio che lo facesse qualcun altro al posto mio,
davanti a chissà quanta gente pronta a giudicarmi. “Ecco a voi Peppino, è
orfano, non ci vede da un occhio, ha il fegato frullato, è un poveraccio, e
vorrebbe esibirsi”, non è molto allegro. “Ecco a voi Peppino,
ama la musica e vuole convincere la giuria che è lui l’artista col Fattore X di
quest’anno” forse suonerebbe meglio, la frase dico, Peppino non lo so. Dunque, aver raccontato
(liberi di farlo, ma… liberi davvero? Dico, con quella promessa di successo
dietro l’angolo?) che sono
sfigati, abbandonati, soli, tristi, diversi, cigni neri, pecore nere, cammelli
con una gobba e zebre a quadretti rossi… dopo questa umiliazione inutile,
arriva l’insegnamento, il VALORE, la cosa giusta da trasmettere ad un giovane
artista: esibirsi DOPO aver posato per lo sponsor, un telefonino di merda.
Soprattutto, farlo
senza neanche essere vincitore del programma, ma quando ancora non sei un cazzo
di nessuno, quindi solo uno schiavo dello sponsor a prescindere, una pedina
nelle mani della produzione, che non sta a vedere se tu hai il Fattore X, ma
vede soprattutto il suo Fatturato € durante la settimana di differita in cui tu
hai posato con lo sponsor in mano, e i follower del social-programma tv hanno
comprato il tuo stesso inutile telefonino, cambiando quello che già avevano, e
prosciugando le tasche dei genitori. A posare per gli
sponsor ci mettono anche una concorrente di sedici anni che insegue un sogno,
senza pietà alcuna. Manuel Agnelli (un
altro giudice) qualche puntata fa se ne esce - in una delle sue bibliche litanie,
entusiasmanti come il foglietto illustrativo delle bustine Kijimea per il colon
irritabile - con una stupenda, encomiabile raccomandazione, a non ricordo quale
cignetto nero “…guarda che là fuori è pieno di lupi”. Capito? Metteva in
guardia un concorrente sul fatto che il mondo della musica, quello vero (ah, scusa, quindi qui non si sta
facendo musica vera? Che cazzo state facendo, cantate sotto la doccia durante
una masturbazione?) sarebbe pericoloso… e cosa c’è di più pericoloso che essere
sfruttati da uno sponsor in prima serata davanti a milioni di persone, con
video ed immagini che rimarranno per sempre su internet, dopo essere stato
denudato delle proprie fragilità davanti a tutti, e spogliato della propria
originalità? Cosa cazzo c’è di più
pericoloso, si può sapere eh?!
Vampiri che ti attirano
in un locale del Texas con la promessa di ottimo cibo e sesso facile, poi
chiudono le porte a chiave e mangiano vivi tutti gli scemi che ci sono cascati? Mie carte cartelle
esattoriali colorate di verde per far cagare in mano quelli che le ricevono,
quando il giudice di una gara di musica dice che FUORI da lì si fa musica vera,
vi rendete conto che qualcosa non quadra? È come andare ad un corso di cucina
con tanto di gara finale, e con tutto il culo fatto per imparare nozioni
culinarie raffinatissime, uno dei giudici si alza e dice “sì, ma ora alziamoci
tutti e andiamo a mangiare da qualche parte, ‘chè qua mi sembra di ingerire
polistirolo e colla vinilica”.
Una considerazione è
tutta per la pantomima dei giudici. Porca puzzola, ci fosse
mai ‘na vorta che le esibizioni vanno bene. Che si tratti di un
singolo cantante o un gruppo, nelle varie esibizioni che sono costretti a fare,
i giudizi sono sempre gli stessi; ‘sti giudici non si sa come minchia
accontentarli, qualunque cosa si faccia, è sbagliata, e senz’altro andava fatto
l’opposto, anche se la volta prima avevano suggerito loro stessi quell’idea. Esempio. Arriva un gruppo
fortemente caratterizzato da un certo sound? “ehh, troppo di
nicchia, ragazzi, dovete aprirvi a nuove sonorità, sperimentare.” Il gruppo sperimenta,
cambia. “ehh, quello che avete
provato non è nelle vostre corde, non dovete sperimentare, dovete essere fedeli
a voi stessi” Il gruppo ritorna sui
passi, ma cerca un pezzo famoso. “ehh, la scelta è
importante, ma non potete capire quel brano, perché non siete degli anni ’80, e
poi siete tornati sui vostri passi, sembra che stiate assecondando la volontà
di noi giudici” Il gruppo si confonde,
non capisce, riprova, sono bravini cavolo, ma a questo punto sono troppo
emozionati ed inibiti, hanno perso smalto. “ehh, ragazzi, siete
emozionati, dovete osare” Volta dopo, OSANO, spaccano di
brutto, il vocalist sfrutta il palco, urla e gioca con l’asta del microfono. “ehh, ragazzi, avete
osato troppo, troppo arroganti, dovete misurare le emozioni” MA CHE CAZZO DEVONO
FARE STI RAGAZZI EH?! MA PORCA D’UNA PUTTANA
MISERIA, CE LA FATE A DIRE SOLO SE SONO BRAVI A SUONARE E IL CANTANTE ERA
INTONATO?
Va bene, mi calmo, mi
calmo.
La frase più bella, che
già sfuggiva alla Simona Ventura tempo addietro, e nessuno si scandalizzava, ma
che oggi oramai è proprio l’argomento di discussione fra i quattro giudici, è
“Non so se posso considerarti un buon prodotto commerciale”. Capito? Non devono essere artisti veri, avere il Fattore X, ma essere un prodotto
commerciale. Come una mozzarella di
Bufala D.O.P., o una mensola dell’Ikea. Fra l'altro, lo dicono mentendo,
sapendo di mentire, perché i concorrenti sono già un prodotto commerciale, dal
momento esatto in cui hanno scelto di entrare nella macchina-macina-like, col cellulare
dello sponsor in mano (e la dignità nel culo, oserei dire).
Silenzio. Sospiro.
Io sono stato giudice
di una gara di canto, diversi anni fa, in un grande locale di Cinisello
Balsamo, alle porte di Milano, in qualità di attore e regista; dovevo valutare
la presenza scenica dei concorrenti. Vi giuro, avevo una
delicatezza ed una cautela nel dare il mio giudizio che non potete immaginare,
mi sentivo un’enorme responsabilità, perché erano tutti giovanissimi e
pendevano dalle labbra di noi giudici, benché si trattasse di una piccola gara
(beh, piccola si fa per dire, si vincevano1000 € e la pubblicazione di un cd). Pesavo parola per
parola e mai, mai sarei stato capace di dire “Non so se posso considerarti un
buon prodotto commerciale”. Avrò il cuore fragile,
del resto piango ogni volta che guardo Lilo&Stitch, cosa vi aspettate da
uno come me?
Beh, dopo aver fatto la
morale ai concorrenti su cagate galattiche e rotto le palle su stonature
impossibili da percepire dall’orecchio umano, il 04 Novembre, Ludovico Tersigni
- il presentatore dall’accento incerto e
l’abbigliamento credibile come il Papa che ascolta Marilyn Manson - accenna ad
un “ed ecco un grande artista”, ed introduce LUI, un artista, uno che secondo loro dovrebbe avere il Fattore X, uno che o sa cantare, o sa gestire il palco, o
dice cose profonde nel caso in cui pecchi nelle due precedenti. LUI arriva. È Chiello. Quando ho sentito il
nome ho pensato Chiello? E chi sarebbe? Ah ho capito, dopo Orietta Berti, ora
fanno contaminazione con Renato Carosone, e mi sono immaginato una sorta di rap
a voce rotta “Chella llà chella llà mo’ va dicenno ‘ca me vo’ lassà…”. E invece no, niente
Carosone, e niente orchestra italiana con Renzo Arbore. Entra una personaggio
dall’atteggiamento alterato, diafano, bianco, che gironzola per il palco e
sbiascica qualcosa che sembrano due canzoni. La seconda è sbalorditiva per il
testo, ma forse ne parleremo in un altro post.
Il tipo corre saltando
qua e la come se lo avesse punto una vespa nelle chiappe, poi inciampa, cade,
si rotola, e si rialza con stupefacente agilità, abbracciando poi l’amica
sassofonista - piuttosto brava, lei sì - convincendosi forse di distrarre la
massa dall’immensa figura di palta appena fatta. Fine esibizione,
applauso esplosivo di un pubblico in delirio. Delirio davvero, direi. Dopo tanti dubbi sul
cosa intendessero i giudici per “arte”, “originalità”, “intonazione” e
“gestione del palco”, finalmente ne ho un esempio lampante. Chiello llà, Chiello
llà.
Stacco pubblicitario.
Al rientro in studio,
immagino Manuel Agnelli, guru citazionista di ogni band dello scibile musicale
dagli anni ’60 ad oggi (no, vi prego, non paragoniamolo al genio sregolato di
Morgan), che si alza in piedi e dice “ok, ragazzi, purtroppo non posso oppormi
alla scelta della produzione su quale gente invitare qui, però personalmente,
per la carriera che ho, per ciò che dico ai concorrenti e per ciò che
rappresento, volevo dirvi che mi dissocio dalla definizione di grande artista
che è stata data poco fa al tipo che è entrato in scena”. Pensa che super figura
da super mega figo. Non mi sta particolarmente simpatico, col suo fare da
rochettaro riccoide alla corte di sua Maestà il denaro, ma con una presa di
posizione del genere avrebbe davvero meritato dieci milioni di applausi per
vent'anni di fila. Invece… niente,
silenzio, tutto come nulla fosse, si ricomincia la gara, e ricominciano le
prediche ai concorrenti che dovrebbero imparare a cantare ed essere “artisti”.
Pensare che la
settimana prima era stata ospitata Carmen Consoli, e che nel suo gruppo aveva,
fra gli altri, Marina Rei alla batteria e Max Gazzè al basso; aveva anche citato
Battiato per salutarlo, ma senza eccedere, solo qualche verso parlato, da
“Tutto l’universo obbedisce all’amore”.
Va bene, mie cari
puledri di zebra a quadretti che non siete altro, se siete giunti fino a qui -
e dubito, perché se mi sono rotto le palle io a scrivere, figuratevi voi a
leggere - vuol dire che attendete con ansia una chiusa a questo agguerritissimo
post, ma devo deludervi parecchio, perché temo di essere sfornito di idee per
finire in bellezza. Non sempre so cosa
scrivere esattamente, a volte perdo davvero lo smalto, e non quello delle unghie. Probabilmente non sono
per nulla un bravo blogger, uno scrittore, un tipo social in grado di affiliare
i propri lettori, un leone da tastiera. Cosa volete che vi
dica, temo proprio di non essere un buon prodotto commerciale.
p.s.: ecco il brano -
ed il video - che ho scelto per questo post, a proposito di artisti, di
coraggio e di messaggi da veicolare. Buona visione, e… dedicatela a chi volete,
tanto è buona per tutti ;)
Miei cari piccoli cormorani
ghiotti di pallini di plastica e pannolini non riciclabili finiti in mare, come
state?
Il vostro Rò oggi vi parla da inviato speciale. No, è una cazzata, certo, dove pensate che vada co' sto freddo e umidità, ma soprattutto gratis? Comunque, tengo parecchio a farvi sapere che il 30 ed il 31 Ottobre
2021, si è svolto un evento che, in ordine di importanza e magnificenza,
secondo me batte tutti quelli della storia "moderna", e parlo di un periodo pieno di eventoni decisamente emozionanti.
Dal risveglio di Siddhārtha,
che - guarda 'mpò - capisce cos’è veramente importante nella vita solo dopo
averne gustato tutti gli agi e goduto i vizi della lussuria, alla costruzione della mega
biblioteca di Alessandria d’Egitto, pensata per raccogliere milioni libri, in
un periodo in cui la gente comunicava coi disegnini dipinti sulle ciotole di DAS. Dallo sbarco degli americani in Sicilia con l'aiuto di Cosa Nostra, allo
scioglimento dei Take That.
Breve parentesi sui
Take That. Forse non è chiaro a tutti il senso del nome che si era cucito addosso quel gruppo. Take That vuol dire “Prendi Questo”, e non credo si
riferisca ad un cacciavite.
La traduzione più corretta sarebbe “Toh, Prenditi Questo”.
Come si aprivano i concerti di un gruppo con quel nome? Li avete aspettati, li avete adorati sui poster di Cioè, li avete sognati ascoltandoli alla radio e godendo di brevi clip mandate in onda su Video Music, ora sono QUI: ecco a voi i “Toh Prenditi Questooooooo”. Tutti i ragazzini emuli con
le mani sul pacco, ad agitarle su e giù, e tutte le ragazzine a strapparsi i
capelli e con la bava che sgorga copiosamente dalla bocca, stile pitbull. E oggi fracassiamo lo scroto per il bacio del Principe Azzurro a Biancaneve.
Va beh. Torniamo al post.
Insomma, di eventi
importanti ne abbiamo avuti, ma la settimana scorsa, a Roma, la nostra bella Roma piena di storia e cosche mafiose locali,
si è riunito il G20.
TATTARATTAAAAAAAAAAAAA!!! IL GI-VENTIIIII (applausi)
- Papà cos’è il Gi
Venti? - è il punto che tocco a
tua madre per farla godere. - cioè quando lavi tu i
piatti e butti la spazzatura? - sì, esatto, hai già
capito. E hai solo quattro anni.
Una riunione, per
intenderci, di capi di stato che, ogni tanto, in una data decisa a cazzo, si
incontrano per prendere decisioni importantissime. Una specie di gita in
campagna, di quelle che si facevano in Quarta elementare, in bicicletta, dove
avevi anche il tempo, fra un panozzo e un gioco con le corde, di decidere con
i compagni e la maestra, i titoli dei tre libri da leggere durante l’estate che
ti separava dall’inizio della temuta Quinta.
Già la scelta del nome
è evocativa di come la pensano; perché, è gente, quella che si è riunita a Roma,
che non si classifica per il numero di partecipanti (tre, cinque, venti), ma
per l’importanza: "G". Grandi, Great, Grossi
e, se la parola Cazzuti iniziasse per “G”, probabilmente G20 sarebbe l’acronimo
di Venti Cazzuti. Gli americani volevano
cambiare la sigla in “the20FB”, “the 20 Fucking Bastard”, ma Mattarella ha fatto
notare che il tabellone d’ingresso della location poteva essere scambiato per un
film della coppia Stallone-Swarzennegger, allora per il momento sono rimasti
sul sobrio. Perché, perchè sottolineare che
sono “grandi”, dicevo? È come se in un
condominio di 195 persone (tanti sono i Paesi del mondo con governi sovrani) ne venissero invitate solo 20 ad un'assemblea, e questa la intitolassero “gli unici 20 del
palazzo con l’alito buono”. Questione di buon tono.
Di cosa hanno discusso ‘sti
venti con l’alito buono? Fra le tante cose
inutili, (tipo di come le banche supportano i debiti dei paesi più sfigati in vista del fatto che non ci sono soldi per vaccinarsi per un virus, che prima o poi dovremo debellare) di inquinamento. Certo, ci sta bruciando
il culo un po’ a tutti, la terra (anzi, la Terra) ci crolla da sotto i piedi, i
mari si ribellano - e non sono sicuro siano in corso guerre fra Snorky e Atlantidei -, le specie animali spariscono più velocemente di arachidi
salate nella ciotola di un bar durante l’aperitivo, e tutte le volte che piove
trenta secondi in più del solito, scende Noè con l’arca, per raccattare nuove
coppie di animali da portare su qualche affluente del Po. I venti del Gi-Venti
sono stati capaci di sintetizzare, in due giorni di discussioni, alcuni
concetti importantissimi per l’ambiente, che senza di loro cazzo proprio non
potevamo farcela: stiamo inquinando, e dobbiamo smettere di inquinare. Ah, dobbiamo smettere, con calma però: entro
venti, trenta o quarant’anni da oggi. A giudicare dall’età
media dei “grandi” presenti in quell’aula, e dalla nostra, che restiamo a
chiederci che minchia altro hanno detto di intelligente, direi che gli unici a
scoprire gli effetti del Gi-Venti saranno i nostri figli e i nostri nipoti,
quando i “grandi” saranno ormai cibo in scatola per cani radioattivi con tre code, e noi
saremo vecchietti rincoglioniti, incapaci di pisciare senza l’ausilio di un
libretto di istruzioni fatto di immagini. Grandi, però. A3 pieghevoli, a colori.
Cari bimbi sperduti
nella penisola che purtroppo c’è, e che ospita anche ‘ste puerili messe in
scena - perché, dai, due giorni di chiacchiere, fatti di foto, con tanto di
passeggiatine in centro e visite alla fontana di Trevi, non sono altro che una
pantomima - tenetevi forte, perché mi sono sparato per voi la dichiarazione d’intenti
in inglese (tsè, col traduttore ovviamente), e ne ho scoperto uno favoloso: “Riconosciamo gli
sforzi compiuti da un certo numero di paesi per aderire al Leaders' Pledge for
Nature e ad assicurare che almeno il 30 % del territorio globale e almeno il 30
% del gli oceani e i mari globali siano conservati o protetti entro il 2030 e
noi aiuteremo a fare progressi verso questo obiettivo in conformità con le
circostanze nazionali”. EHEHEH ?!?!?!?! VI SIETE IMPEGNATI A POTER
DISTRUGGERE FINO AL 70% DI TUTTO CIO’ CHE CI CIRCONDA… MA NON DI PIU’?!?!?! Aspè, che la frase che
arriva subito dopo è ancora più bella: “Incoraggiamo e supportiamo gli altri a assumere
impegni altrettanto ambiziosi”. Ma DIO LATTE, come
direbbe il buon Natalino Balasso, vi siete impegnati a proteggere solo il 30%
di tutto il pianeta a nove anni da oggi, e vi sembra un obiettivo
AMBIZIOSO?!?!?! Fare sesso con Kirsten
Dunst vestita da Maria Antonietta , quello è un obiettivo ambizioso! Ascoltare per tre ore Alberto
Angela senza addormentarsi, quello è un obiettivo ambizioso! Riuscire ad inventare
favole a tua figlia tutte le volte che te lo chiede, senza mai farle capire che
stai improvvisando, quello è un obiettivo ambizioso!
Oh, se non credete a ciò che scrivo (e fareste bene, di norma), potete armarvi di pazienza, e
leggere in tutta calma anche voi la dichiarazione d’intenti QUI(si parla di ambiente dall’articolo 16
in poi).
Sapete perché sono certo
che questi “grandi” 20 siano molto, ma molto distanti da noi?
Prima di tutto perché si
incontrano due mezze giornate ogni tanto.
Ho pensato a una
telefonata di un amico: «Ciao Rò, ascolta, dobbiamo parlare di una roba troppo
seria, no ma davvero, è importantissima, devi assolutamente tenerti libero, abbiamo
da prendere una decisione vitale. Mi sono già messo d’accordo con gli altri. No,
non tutti, solo quelli con l’alito buono. Vedi di tenerti libero, diciamo… FRA SEI ANNI E MEZZO. Mi raccomando, sabato e domenica eh. No, non tutto il giorno,
solo mattina e pomeriggio. Ci vediamo a Roma, così pomeriggio tardi e sera ci
facciamo un po' di giri a Trastevere che gira un sacco di roba buona”.
Vado a vomitare un
attimo.
...
Ecco, ci sono.
Altro motivo per cui il
loro interesse per l’ambiente (chiamatelo Environment, che mi frega, i koala e le api non parlano l’inglese)secondo me è
una cagata?
Il Gi-Venti è stata occasione per fare portare a segno
un bel colpaccio: l’America toglie i dazi su alluminio e acciaio. No ragazzi,
non è un regalino trovato sul tavolo dalla raffinata von del Leyen in un
Kinderone Sorpresa, perché, in cambio, anche quel simpaticone di Biden ha
ottenuto che l’Europa eliminerà altrettanti dazi su prodotti importati dall’America,
strascico di una guerra invisibile combattuta da - e contro il - playmobil platinato (Non ci credi?Clicca QUI). Oh, che bello,
salvaguardiamo l’ambiente con la produzione e la commercializzazione di nuovi
milioni di tonnellate di metalli e prodotti inutili, che gireranno liberi e
felici per i continenti, su navi, aerei e camion, incrementando il consumo di combustibili fossili. Attenzione, però: in
tutto questo c’è una “componente green”. Già, Ursula e Joe si
sono impegnati a sviluppare nuove tipologie di produzione di metalli a bassa
produzione di carbonio. Quindi per decidersi ad
inquinare di meno, bisogna prima mettersi d’accordo per inquinare di più.
È tutto sotto
controllo, però, ragazzi: entro il 2030, salvaguarderemo niente popò di meno
che il 30% del nostro pianeta. Per il resto, diventerà tutto discarica. Noialtri, sette
miliardi e mezzo di poveri stronzi, ci trasferiremo tutti in Sardegna.
Non in tutta la Sardegna, solo Oristano e provincia: staremo un po’
strettini, ma immagino che sarà divertente.
A me, ‘sta robba che
hanno fatto a Roma il 30 e 31 Ottobre 2021, più che un Gi-Venti, sembra un Gi-Venticello. ‘Na scoreggia, insomma. Una scoreggia tossica e
soffocante di dimensioni globali, però a bassa produzione di carbonio: una
scoreggia green. Buon venticello a
tutti.
p.s.: ho postato per voi un video molto graffiante del suddetto, stimatissimo, Natalino Balasso (che non ricambierà mai la stima, più che altro perchè non sa ci càsso sono, per dirla come lui), che tratta il tema dell'inquinamento con.. con... e guardatevelo, no?!
- Una Ciccio Otto, grazie. Quanto costa? - Otto. - Sì, l’insalata Otto. Quanto costa? - Otto, costa otto. - ma pensa che curiosità, stesso prezzo del nome - No, il numero È il nome. - non ho capito - Il numero è il NOME del prodotto.
La cosa si complica
- Quindi si chiama Ciccio Otto e costa otto euro,
ma lo avete fatto apposta? Cioè, avete scelto prima il nome e poi avete
adattato il prezzo, oppure era un’insalata chiamata Ciccio da otto euro e l’avete
poi soprannominata Otto?
La ragazza smette di sorridere, la gente si gira
verso di noi ed io comincio a sudare.
- Ordina QUELLA?
Chiede lei, perentoria
- Sì, sì, certo. Ciccio Otto. Solo che avendo i
soldi contati, devo fare bene i conti.. fra birra ed il resto, non ho capito
bene quanto spenderò.
- Birra Quattro e Ciccio Otto
Alzo il sopracciglio sinistro.
- Cioè, anche questa volta è sia il loro nome che
il loro prezzo? Voglio dire, la birra è quattro euro davvero? Perché leggo che
alcune costano anche di più, e non ho capito di quale mi stai parlando.
La ragazza, che ha buttato il menù per terra,
chiama la titolare. La gente intorno a me intanto prende il cellulare in mano,
credo di essere in diretta su qualche social.
- Va bene, va bene, pago a prescindere, non c’è
bisogno di chiamare nessuno.
Finisco tutto mentre ascolto della buona musica
dal vivo. Chiamo la cameriera che, però, non vuole venire. Nessuno
vuole venire a servirmi. Ad un certo punto ne arriva una molto convinta.
- Dimmi
dice abbastanza, no cazzo, davvero seria.
- Un caffè - Un caffè Uno?
risponde lei, guardandomi fisso negli occhi,
imperterrita. Il cantautore che mi aveva invitato ad ascoltarlo, non mi aveva
spiegato che in quel locale ogni vivanda ha il nome corrispondente al prezzo.
- Sì… Uno…
Lei ha un istante di pietà, mi sorride molto, ma
molto pacatamente, e mi dice con un fil di voce
- Uno è il nome, e costa un euro. - Ok, lo prendo, ha un bellissimo nome.
Dopo un profondo sospiro di sollievo, bevo il mio
caffè Uno.
È stata una bella serata, la luna piena ha
illuminato la darsena, il fresco al collo mi ha ricordato che l’estate è già
finita, e la birra da quattro euro mi ha ricordato che, tutto sommato, non è il nome
ne’ il prezzo delle cose che contano, ma il modo in cui le vivi.
Viserba (RN), 19/09/2021
parole chiave del post #birrainsolitaria #musicadalvivo #spenderepoco
Coronavirus,
Classroom, Weschool, DPCM, Meet, il Lievito di birra, tampone, bonsai, gli gnocchi,
grow box, ceretta araba, scarpiera, lo Spid, il Lievito madre, Festival di Sanremo,
NBA.
Miei poveri,
schizofrenici e stravolti lettori, vi chiederete che caspita vogliano
significare tutte le parole che ho elencato qui sopra, e mentre ve lo chiedete
so già che uno spiritello dentro voi sta già suggerendovi la risposta: sono alcune
fra le parole più ricercate nel web durante l’intero anno 2020, ed io le ho
messe a caso all’inizio del post solo per poter scalare qualche posizione nella
giungla delle ricerche.
Tutto qui. E’ un simpatico
scherzo, per cominciare col sorriso. Non state
sorridendo pensando a questo simpatico scherzo? È perché vi manca
il senso dello humour inglese. Quello che io ho sempre avuto a quintalate, come
quando la professoressa di storia alle medie mi chiedeva perché i romani
esitavano ad attraversare il Rubicone nel 49 avanti quell’altro, ed io
rispondevo che non ne avevano voglia proprio perché erano romani. A tutte le definizioni
sopra elencate, ne devo aggiungere una, ma vi tocca spettare la fine del post
per scoprirla, anche se dal titolo, se avete un minimo di senso civico e di
onestà intellettuale, potreste già indovinarla; si tratta di un nome proprio,
anzi un nome seguito da un cognome. Ecco, vi ho dato un
indizio, così potete continuare a volermi bene.
Provo ad immaginare
quel certo imbarazzo di chi si trova davanti il termine “Rompicazzo”, ma
ragazzi, siamo tutti grandi e vaccinati (ah, già, mi mancavano VACCINATI, VACCINO,
VIRUS, COVID, SIRINGA, PFIZER, MICHELLE PFEIFFER) e immagino che una parolaccia
non guasti le feste a nessuno, anche perché è proprio il genere di persona a
cui mi riferisco, il guastafeste. Quello che guasta
le feste. Non so voi, ma al
di là delle battute, io ho conosciuto davvero il guastafeste, il Rompicazzo.
Quando sei al mare,
e ci vai una volta l’anno se vivi in qualsiasi altra parte del mondo, e per un
anno non pensi ad altro che andare al mare, solo per due settimane, se hai un’età
compresa fra i sedici ed i vent’anni, quelle due settimane sono conteggiate in
ore già distribuite secondo un bollettino preciso: - ore totali: 336 - 10 ore per viaggio
andata e ritorno - 78 ore per sonno (6
ore notte x 13 notti) - 13 ore varie (1 ora
giorno per fare spesa ed altro) - 6,5 ore bagno, nel
senso del cesso (mezz’ora al giorno) - 228,5 ore libere
per cuccare (sinonimo di conquistare il cuore di qualcuno e generare amorose
situazioni estive).
Il Rompicazzo,
però, se è un tuo compagno di vacanza,si lamenta del cibo comprato, della
piazzola che ti hanno assegnato al campeggio (il terreno è troppo duro e non
entrano i picchetti, gli alberi sono troppo
distanti e non si riesce a tirare
le corde per stendere i panni, i bagni sono vicini c’è cattivo odore, non c’è
ombra fa troppo caldo già dalle sette e mezza), vuole fare le gite quando la
sera prima si è fatto tutti tardi e si vuole dormire tutta la mattina in
spiaggia, e vuole dormire quando si è deciso di andare a vedere una bellissima
grotta con i pipistrelli.
Il Rompicazzonon
sa farci con le donne, e fin qui pazienza, ognuno è fatto a modo suo, ma il suo
problema è che appena trovi la ragazza tu, lui si attacca come una mignatta, e
non si stacca più, facendoti perdere ogni minuto di quei 13.710 preziosi minuti
di quelle 228,5 preziose ore dedicate come da programma alle limonate estive,
che non sono bibite fresche siciliane.
Il Rompicazzo, quando
è sera tardi e tutti sono ad una festa e l’atmosfera si scalda, e perfino i
pezzi di marmo cominciano lentamente a sciogliersi come gomme frizionate, e
perfino quelli che si stanno sulle palle cominciano a farsi battute e darsi una
mano a vicenda per concludere qualcosa, si inventa un’allergia, una vomitata
sul tappeto, una telefonata urgente, un “devo
andare a casa qualcuno mi accompagna?”, un “questa bibita è calda”, una luce accesa nel momento sbagliato e nel
posto sbagliatissimo davanti a tutti, e tutti piano piano dicono “eh sì, anche
io vado”, e le gomme pian piano tornano marmi freddissimi, e duri. Come marmo, appunto.
Il Rompicazzo alza
la voce il sabato sera perché anziché in un locale vuole andare in un altro, e siccome
guida lui, tutti i maschi della compagnia s’incazzano perché avevano il
puntello con delle ragazze da un’altra parte.
Per andare nel locale
scelto da lui, oltretutto, si perde un’ora a parcheggiare e si finisce la serata optando per
un autogrill di merda, mangiando panini col prosciutto crudo marcio e biscotti
al cioccolato, e bevendo birra tedesca in lattina, che sa di lattina. Che poi
vomiti sul marciapiede roba che sa di lattina al prosciutto crudo e cioccolato.
È lui, sempre lui,
in agguato. Lui non è cattivo, è
peggio, è anche bugiardo. Il Rompicazzo ti dice che è stanco e invece esce con
i tuoi amici al posto tuo, mentre tu stai a casa proprio la sera in cui volevi
svagarti un po’ per non pensare ai problemi e volevi chiacchierare di cose leggere.
Il Rompicazzo sta
come le arpie sugli alberi spogli nel secondo girone dell’Inferno di Dante, si pasce
della tua voglia di vivere, di essere, di fare, e lui contento se la ride.
Uno così, pensa se
si mettesse a fare politica, che matte risate per tutti.
Dal 26 Ottobre 2012
al 16 Febbraio 2014 direbbe che non salirebbe mai al Governo senza prendere
voti dal popolo, e il 17 Febbraio diventerebbe Premier dichiarando “Vogliamo arrivare fino al 2018” (questa l'avevo già sentita, dove? QUI).
Uno così nel 2013 farebbe
il Sindaco di Firenze girando tutte le TV per parlare di politica Nazionale
preparando il terreno per guastare le feste ai vertici del suo partito.
Uno così nel 2021,
se l’Italia venisse investita da una pandemia globale (PANDEMIA, PANDEMIA,
PANDEMIA), farebbe di tutto per far cadere un Governo che sta appoggiando con
un partito senza programma che non ha fatto campagna elettorale nel territorio,
solo per ottenere risultati in realtà già ottenuti da mediazioni già andate a
buon fine, e lo farebbe chiedendo ai propri ministri di dimettersi dichiarando
che è stato il Presidente del Consiglio a cacciare il loro partito di
appartenenza dalla maggioranza.
Un Rompicazzo così
si comporterebbe da rompicazzo a tutti gli effetti, insomma.
Non so cosa ne
pensate, ma mentre scrivo a voi - e sono le 01:32 del 15/1/2021 - sto leggendo
le news sulla crisi di Governo, su chi l’ha causata, e mi vien la nostalgia
delle vomitate all’autogrill.
Un Rompicazzo in
politica sarebbe pericoloso, non per la democrazia (è bello che ognuno eserciti
attivismo, fa bene) ma per il benessere della collettività, perché se per qualche
iattura dovesse non si sa come raggiungere i vertici delle istituzioni,
finirebbe col giocherellare sulla salute della gente, pensando ancora di essere
al sabato sera e di rovinare una semplice uscita con gli amici.
Un paese come l’Italia,
però, vive un equilibrio ultra fragile, perché la burocrazia, le mafie, il
debito pubblico e le penose gestioni passate hanno lasciato un paese a pezzi e
sacche di povertà allucinanti.
Porca vacca come
sono serio, spè che bevo la tisana alle prugne (azz s’è raffreddata!) e torno
normale.
Bene, siamo giunti
alla fine del post, l’identikit del mitico Rompicazzo oramai è delineato, e so
che tutti state aspettando che getti la maschera e scriva il nome e cognome che vi avevo
preannunciato, quel nome e quel cognome più cliccati del 2020, ed eccovi accontentati,
miei sciagurati lettori: Diego Armando Maradona. Tiè, Fregati.
Oh è troppo tardi, vado a dormire. Miei cari sperduti lettori,
grazie per aver letto il mio pessimo blog fatto di filosofia spicciola anche questa volta, alla
prossima e ricordate di lasciare il vostro commento!
parole chiave del post #crisidiGoverno #rompicazzo #filosofooverground
Brano musicale: Il filosofo overground, Giorgio Gaber