Se fossi davvero capace di scrivere, al posto di un blog farei un libro, e diventerei ricco.

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giovedì 30 dicembre 2021

Post n.16: DISCORSO ALLA NAZIONE 2022

Mettetevi comodi, prendetevi una trentina di minuti e godetevi il discorso alla Nazione che nessun presidente vi farà a capodanno.
Godetevelo, finchè non me lo censurano.

Musiche, immagini, effetti video, testi, doppiaggio e chi più ne ha, più ne metta... questa volta ho dato il massimo.

Lasciate commenti qui e su YouTube, fate quello che vi pare insomma. 

Buon 2022 dal vostro Rò.



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giovedì 25 novembre 2021

Post n.15: Chiello ‘llà, Chiello ‘llà (ossia: arte coi fiocchi, ad X Factor)

Scoprire, fra tanti pretendenti, chi potrebbe avere il “Fattore X” - una particolare propensione all’arte, all’originalità e, ovviamente, alla capacità musicale - e poi renderlo famoso grazie ad un programma televisivo: idea carina.
Nulla di male, insomma; anche i reiétti sfigati e poveracci hanno diritto ad un po’ di visibilità.
Se dalla vittoria di quella gara canora, poi, nasce un futuro nel mondo della musica ad alti livelli, beh, tanto di guadagnato per il fortunato di turno.
Il tutto, sempre sotto il segno di una sana ricerca del famoso “Fattore X”.

   Miei cari bimbi sperduti nella penisola che purtroppo c’è, come state?
Vi siete svegliati, o state ancora sognando, fuorviati dalle prime parole di questo post, un mondo in cui i Talent Show sono per prima cosa degli show e, soprattutto, servono a cercare dei talenti?
Ve lo chiedo, perché programmi come X Factor non hanno obiettivi così nobili, ma producono, forse e soprattutto, ascolti, e che ascolti!


Vomitelli, scoregge e ruttini da divano, direi, considerando i puerili dati Auditel che si aggirano fra il 2.8 ed il 3 % di share, anche se giornalisti esperti di tecnologia come Francesco Marino, su intriganti post di /digitalic si sforzano di sfoggiare centinaia di ulteriori dati che rafforzerebbero il gradimento del programma: numero di Account più coinvolgenti, post più coinvolgenti, attivisti più coinvolgenti della giornata, hashtag più usati.

Tecnicamente, i Top Influencer che hanno generato più engagement (like, repost e commenti).
In pratica, quelli che non hanno un cazzo da fare e stanno col cellulare in mano per postare frasi a caso sul programma, aggiungendo un hashtag alla fine della frase o del post (cosa che, ovviamente, farò anche io alla fine di queste righe, pensate che sia meno scemo degli altri?).
Sapendo che l’hashtag genera visualizzazioni, è una gara a chi scrive di più, chi pubblica di più, quindi si guarda il programma per commentare sui social - tutti i social possibili, anche se inventassero una cacchetta che sorride tipo quella di Arale, che invita a scrivere durante attacchi di diarrea fulminante - e i commenti sono sulla storia personale della cantante, sui capelli che ha, su come si muove, sulla cattiveria dei giudici, sulla scenografia, sui neskin, che non c’entrano un cazzo, ma tanto trattarli male è diventato sport nazionale.
Non un pubblico, ma una specie di pubblico in cerca di successo di riflesso che cavalca l’onda, e che magari ha il fratello, il cognato, la cugina, la figlia, che sta partecipando ad X Factor.
Loro, la specie di pubblico, sono il metro di valutazione per la qualità di un Talent Show, infatti le puntate sono tutte una rottura di scroto perpetua sul “seguiteci sulla Pagina Instagram, scrivete hashtag di qua, hashtag di là”…

Hanno persino inventato una sorta di sit-com con Hell Raton (Topone Infernale, uno dei giudici di X Factor, rapper, produttore musicale) intitolata SOUNDSBUENO - anzi, scusate, #SOUNDSBUENO, perché furbescamente con l’hashtag già nel titolo, la gente non potrà mai dimenticarsi di aggiungerlo scrivendone a proposito - da seguire su YouTube, durante la quale verrà scritto e prodotto un singolo con… con… Orietta Berti.

EEHHH?!?! ORIETTA BERTI?!?!

Spetta. Mi calmo.

La loro mossa astuta è quella di portare ME - e quelli come me - ad essere intollerante e dire cose razziste verso una persona avanti con l’età, mentre il Topone Infernale passa per quello che unisce le generazioni e senza pregiudizi si apre al simbolo di un’altra epoca, creando contaminazione musicale.
Io, però, non ce l’ho mica con Orietta Berti, anzi la trovo molto intonata e professionale.
E molto famosa.
Da anni.
Tanti anni.
Per l’esattezza, la sua carriera è cominciata nel ’64 cantando le canzoni di Suor Sorriso (La fonte? Ovviamente, il SITO UFFICIALE), quindi si tratta di 57 anni di soldi in tasca; mi sembra la persona giusta da lanciare nel mercato con una NUOVA trovata pubblicitaria su un programma dedicato ai NUOVI talenti.
Il bello sono i commenti delle persone sul Tubo, tutti entusiasti per la creazione di un titolo da mettere al nuovo pezzo che farà sempre più ricchi quelli già ricchi, e sempre più guardoni e sfigati quelli guardoni e sfigati. Vediamone alcuni (copio e incollo eh, paro paro):

- Ciao J Il titolo che vi proporrei è il seguente: "Dolce amara poesia
- Propongo: “Buonanotte all’amore” oppure “Mi hai rubato la luna”
- Io andrei di “Lunatica”
- Farewell-Despedida de la noche-vale noctis (latino)
- TITOLO: Cierre bajo la luna Il senso spero si capisca, la traduzione spero vada bene. Fatemi sapere cosa ne pensate . 😇 

Capito? Questi sono convinti che qualcuno risponderà ai loro messaggi.
Comunque… 12.979, 16.221, 11.390: non sono i neuroni rimasti nel mio cervello, ma le visualizzazioni ai video di cui sopra.
Oh, il Topone Infernale e compagnia hanno proprio indovinato il format: un social network macina cliccate travestito da gara canora.

 - OOOHHHHH Minchia Rò sei trooooppo esagggerato! -

Bene, ora che abbiamo capito chi è il pubblico di X Factor (il target, si direbbe in gergo), cerchiamo di vedere come funziona sto programma OGGI.
Prima di tutto, come si guarda? Copio e incollo di nuovo, ma cancello il nome dei canali:
Giovedì 16 settembre alle 21.15 su S** U** (canale 1**, digitale terrestre canale 4**), sempre disponibile on demand, visibile su S** G* e in streaming su N**, arriverà la prima puntata delle selezioni di X Factor 2021. L’esordio di questa edizione sarà in simulcast su TV* (al tasto 8 del telecomando), mentre dalla seconda puntata in chiaro X Factor 2021 andrà ogni mercoledì in prima serata.

Niente, lo leggo, rileggo. Ci dormo su.
Lo scrivo su un foglietto, mi faccio lo schemino. Penso finalmente di aver capito, poi su Instagram leggo “#XF2021 ogni giovedi alle 21.15 su…” eccetera eccetera.
Vado in crisi.
Penso che i magnaschèi, come li chiama Balasso, possono permettersi la tv a pagamento, come anni fa era per TELE +, e quindi vedono le puntate prima dei poveracci, ma poi i conti non tornano; a pagamento il giovedi ed in chiaro il mercoledi… fra l’altro in chiaro è tutto tagliato, non si capisce che cazzo dicono le persone, parte il gingle a metà frase, le telecamere girano a volo per lo studio, che viene da vomitare tutte le volte, e nonostante il ritmo serrato, le puntate finiscono praticamente quando canta il gallo di fronte a casa mia, e fra l’altro canta solo perché si è rotto le balle di sentire la roba che esce dalla tv della sua vicina - che segue X Factor - e spera di coprire il rumore urlando.
Con un po’ di calma, capisco che è tutto un intreccio di puntate in diretta e repliche, che servono ad alimentare, con sei giorni di differita, proprio il popolo dei social, milioni di follower (ma la "s" ci va o no nei sostantivi plurali inglesi italianizzati? no perchè qualcuno dice di sì, qualcun altro ti uccide se lo fai. Scrivetemelo nei commenti per favore. Io credo di no.) che scrivono “hai visto la diretta ieri?” “no” “va beh, lo rifanno mercoledi prossimo in chiaro, comunque ti racconto tutto adesso”.
Bella sorpresa, eh?
E giù coi click.
E coi commenti.
E con gli hashtag.
Beh, vale la pena aspettare una settimana, non c’è che dire.
Oh, sia chiaro, miei cari lettori squinternati, che io non ho la tv, come chi mi segue già sa, e che so tutto ciò perché ho un video attaccato ad una chiavetta che mi permette di vedere ciò che voglio e quando voglio; ve la suggerisco, è una forma di libertà.

   Dicevo, vale la pena aspettare (ed è proprio una pena), perché quand’è il momento di vedere le esibizioni degli aspiranti artisti, mi si allarga il cuore; sembra lo spot di un’associazione di volontariato che aiuta le persone in difficoltà.
Sono tutti casi umani. Strazianti, oltretutto, per lo meno, così li presentano.
Nulla da dire nei confronti dei casi umani, io ne porto la bandiera, ma se mi presentassi ad un Talent Show, di certo non racconterei le mie patologie e la storia della mia famiglia, soprattutto mi sentirei a disagio che lo facesse qualcun altro al posto mio, davanti a chissà quanta gente pronta a giudicarmi.
“Ecco a voi Peppino, è orfano, non ci vede da un occhio, ha il fegato frullato, è un poveraccio, e vorrebbe esibirsi”, non è molto allegro.
“Ecco a voi Peppino, ama la musica e vuole convincere la giuria che è lui l’artista col Fattore X di quest’anno” forse suonerebbe meglio, la frase dico, Peppino non lo so.
Dunque, aver raccontato (liberi di farlo, ma… liberi davvero? Dico, con quella promessa di successo

dietro l’angolo?) che sono sfigati, abbandonati, soli, tristi, diversi, cigni neri, pecore nere, cammelli con una gobba e zebre a quadretti rossi… dopo questa umiliazione inutile, arriva l’insegnamento, il VALORE, la cosa giusta da trasmettere ad un giovane artista: esibirsi DOPO aver posato per lo sponsor, un telefonino di merda.


Soprattutto, farlo senza neanche essere vincitore del programma, ma quando ancora non sei un cazzo di nessuno, quindi solo uno schiavo dello sponsor a prescindere, una pedina nelle mani della produzione, che non sta a vedere se tu hai il Fattore X, ma vede soprattutto il suo Fatturato € durante la settimana di differita in cui tu hai posato con lo sponsor in mano, e i follower del social-programma tv hanno comprato il tuo stesso inutile telefonino, cambiando quello che già avevano, e prosciugando le tasche dei genitori.
A posare per gli sponsor ci mettono anche una concorrente di sedici anni che insegue un sogno, senza pietà alcuna.
Manuel Agnelli (un altro giudice) qualche puntata fa se ne esce - in una delle sue bibliche litanie, entusiasmanti come il foglietto illustrativo delle bustine Kijimea per il colon irritabile - con una stupenda, encomiabile raccomandazione, a non ricordo quale cignetto nero “…guarda che là fuori è pieno di lupi”.
Capito? Metteva in guardia un concorrente sul fatto che il mondo della musica, quello vero (ah, scusa, quindi qui non si sta facendo musica vera? Che cazzo state facendo, cantate sotto la doccia durante una masturbazione?) sarebbe pericoloso… e cosa c’è di più pericoloso che essere sfruttati da uno sponsor in prima serata davanti a milioni di persone, con video ed immagini che rimarranno per sempre su internet, dopo essere stato denudato delle proprie fragilità davanti a tutti, e spogliato della propria originalità?
Cosa cazzo c’è di più pericoloso, si può sapere eh?!
Vampiri
che ti attirano in un locale del Texas con la promessa di ottimo cibo e sesso facile, poi chiudono le porte a chiave e mangiano vivi tutti gli scemi che ci sono cascati?
Mie carte cartelle esattoriali colorate di verde per far cagare in mano quelli che le ricevono, quando il giudice di una gara di musica dice che FUORI da lì si fa musica vera, vi rendete conto che qualcosa non quadra? È come andare ad un corso di cucina con tanto di gara finale, e con tutto il culo fatto per imparare nozioni culinarie raffinatissime, uno dei giudici si alza e dice “sì, ma ora alziamoci tutti e andiamo a mangiare da qualche parte, ‘chè qua mi sembra di ingerire polistirolo e colla vinilica”.

   Una considerazione è tutta per la pantomima dei giudici.
Porca puzzola, ci fosse mai ‘na vorta che le esibizioni vanno bene.
Che si tratti di un singolo cantante o un gruppo, nelle varie esibizioni che sono costretti a fare, i giudizi sono sempre gli stessi; ‘sti giudici non si sa come minchia accontentarli, qualunque cosa si faccia, è sbagliata, e senz’altro andava fatto l’opposto, anche se la volta prima avevano suggerito loro stessi quell’idea.
Esempio.
Arriva un gruppo fortemente caratterizzato da un certo sound?
ehh, troppo di nicchia, ragazzi, dovete aprirvi a nuove sonorità, sperimentare.
Il gruppo sperimenta, cambia.
ehh, quello che avete provato non è nelle vostre corde, non dovete sperimentare, dovete essere fedeli a voi stessi
Il gruppo ritorna sui passi, ma cerca un pezzo famoso.
ehh, la scelta è importante, ma non potete capire quel brano, perché non siete degli anni ’80, e poi siete tornati sui vostri passi, sembra che stiate assecondando la volontà di noi giudici
Il gruppo si confonde, non capisce, riprova, sono bravini cavolo, ma a questo punto sono troppo emozionati ed inibiti, hanno perso smalto.
ehh, ragazzi, siete emozionati, dovete osare
Volta dopo, OSANO, spaccano di brutto, il vocalist sfrutta il palco, urla e gioca con l’asta del microfono.
ehh, ragazzi, avete osato troppo, troppo arroganti, dovete misurare le emozioni
MA CHE CAZZO DEVONO FARE STI RAGAZZI EH?!
MA PORCA D’UNA PUTTANA MISERIA, CE LA FATE A DIRE SOLO SE SONO BRAVI A SUONARE E IL CANTANTE ERA INTONATO?

Va bene, mi calmo, mi calmo.

La frase più bella, che già sfuggiva alla Simona Ventura tempo addietro, e nessuno si scandalizzava, ma che oggi oramai è proprio l’argomento di discussione fra i quattro giudici, è “Non so se posso considerarti un buon prodotto commerciale”.
Capito?
Non devono essere artisti veri, avere il Fattore X, ma essere un prodotto commerciale.
Come una mozzarella di Bufala D.O.P., o una mensola dell’Ikea.
Fra l'altro, lo dicono mentendo, sapendo di mentire, perché i concorrenti sono già un prodotto commerciale, dal momento esatto in cui hanno scelto di entrare nella macchina-macina-like, col cellulare dello sponsor in mano (e la dignità nel culo, oserei dire).

Silenzio. Sospiro.

   Io sono stato giudice di una gara di canto, diversi anni fa, in un grande locale di Cinisello Balsamo, alle porte di Milano, in qualità di attore e regista; dovevo valutare la presenza scenica dei concorrenti.
Vi giuro, avevo una delicatezza ed una cautela nel dare il mio giudizio che non potete immaginare, mi sentivo un’enorme responsabilità, perché erano tutti giovanissimi e pendevano dalle labbra di noi giudici, benché si trattasse di una piccola gara (beh, piccola si fa per dire, si vincevano  1000 € e la pubblicazione di un cd).
Pesavo parola per parola e mai, mai sarei stato capace di dire “Non so se posso considerarti un buon prodotto commerciale”.
Avrò il cuore fragile, del resto piango ogni volta che guardo Lilo&Stitch, cosa vi aspettate da uno come me?

   Beh, dopo aver fatto la morale ai concorrenti su cagate galattiche e rotto le palle su stonature impossibili da percepire dall’orecchio umano, il 04 Novembre, Ludovico Tersigni - il presentatore  dall’accento incerto e l’abbigliamento credibile come il Papa che ascolta Marilyn Manson - accenna ad un “ed ecco un grande artista”, ed introduce LUI, un artista, uno che secondo loro dovrebbe avere il Fattore X, uno che o sa cantare, o sa gestire il palco, o dice cose profonde nel caso in cui pecchi nelle due precedenti.
LUI arriva.
È Chiello.
Quando ho sentito il nome ho pensato Chiello? E chi sarebbe? Ah ho capito, dopo Orietta Berti, ora fanno contaminazione con Renato Carosone, e mi sono immaginato una sorta di rap a voce rotta “Chella llà chella llà mo’ va dicenno ‘ca me vo’ lassà…”.
E invece no, niente Carosone, e niente orchestra italiana con Renzo Arbore. Entra una personaggio dall’atteggiamento alterato, diafano, bianco, che gironzola per il palco e sbiascica qualcosa che sembrano due canzoni. La seconda è sbalorditiva per il testo, ma forse ne parleremo in un altro post.

Il tipo corre saltando qua e la come se lo avesse punto una vespa nelle chiappe, poi inciampa, cade, si rotola, e si rialza con stupefacente agilità, abbracciando poi l’amica sassofonista - piuttosto brava, lei sì - convincendosi forse di distrarre la massa dall’immensa figura di palta appena fatta.
Fine esibizione, applauso esplosivo di un pubblico in delirio. Delirio davvero, direi.
Dopo tanti dubbi sul cosa intendessero i giudici per “arte”, “originalità”, “intonazione” e “gestione del palco”, finalmente ne ho un esempio lampante.
Chiello llà, Chiello llà.

Stacco pubblicitario.

Al rientro in studio, immagino Manuel Agnelli, guru citazionista di ogni band dello scibile musicale dagli anni ’60 ad oggi (no, vi prego, non paragoniamolo al genio sregolato di Morgan), che si alza in piedi e dice “ok, ragazzi, purtroppo non posso oppormi alla scelta della produzione su quale gente invitare qui, però personalmente, per la carriera che ho, per ciò che dico ai concorrenti e per ciò che rappresento, volevo dirvi che mi dissocio dalla definizione di grande artista che è stata data poco fa al tipo che è entrato in scena”.
Pensa che super figura da super mega figo. Non mi sta particolarmente simpatico, col suo fare da rochettaro riccoide alla corte di sua Maestà il denaro, ma con una presa di posizione del genere avrebbe davvero meritato dieci milioni di applausi per vent'anni di fila.
Invece… niente, silenzio, tutto come nulla fosse, si ricomincia la gara, e ricominciano le prediche ai concorrenti che dovrebbero imparare a cantare ed essere “artisti”.

Pensare che la settimana prima era stata ospitata Carmen Consoli, e che nel suo gruppo aveva, fra gli altri, Marina Rei alla batteria e Max Gazzè al basso; aveva anche citato Battiato per salutarlo, ma senza eccedere, solo qualche verso parlato, da “Tutto l’universo obbedisce all’amore”.

Va bene, mie cari puledri di zebra a quadretti che non siete altro, se siete giunti fino a qui - e dubito, perché se mi sono rotto le palle io a scrivere, figuratevi voi a leggere - vuol dire che attendete con ansia una chiusa a questo agguerritissimo post, ma devo deludervi parecchio, perché temo di essere sfornito di idee per finire in bellezza.
Non sempre so cosa scrivere esattamente, a volte perdo davvero lo smalto, e non quello delle unghie.
Probabilmente non sono per nulla un bravo blogger, uno scrittore, un tipo social in grado di affiliare i propri lettori, un leone da tastiera.
Cosa volete che vi dica, temo proprio di non essere un buon prodotto commerciale.

p.s.: ecco il brano - ed il video - che ho scelto per questo post, a proposito di artisti, di coraggio e di messaggi da veicolare. Buona visione, e… dedicatela a chi volete, tanto è buona per tutti ;)

Brano musicale: Vaffanculo, Marco Masini


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domenica 7 novembre 2021

Post n.14: Il Gi-Venti(cello)

     Miei cari piccoli cormorani ghiotti di pallini di plastica e pannolini non riciclabili finiti in mare, come state?
Il vostro Rò oggi vi parla da inviato speciale.
No, è una cazzata, certo, dove pensate che vada co' sto freddo e umidità, ma soprattutto gratis?
Comunque, tengo parecchio a farvi sapere che il 30 ed il 31 Ottobre 2021, si è svolto un evento che, in ordine di importanza e magnificenza, secondo me batte tutti quelli della storia "moderna", e parlo di un periodo pieno di eventoni decisamente emozionanti.
Dal risveglio di Siddhārtha, che - guarda 'mpò - capisce cos’è veramente importante nella vita solo dopo averne gustato tutti gli agi e goduto i vizi della lussuria, alla costruzione della mega biblioteca di Alessandria d’Egitto, pensata per raccogliere milioni libri, in un periodo in cui la gente comunicava coi disegnini dipinti sulle ciotole di DAS.
Dallo sbarco degli americani in Sicilia con l'aiuto di Cosa Nostra, allo scioglimento dei Take That.

     Breve parentesi sui Take That. Forse non è chiaro a tutti il senso del nome che si era cucito addosso quel gruppo. Take That vuol dire “Prendi Questo”, e non credo si riferisca ad un cacciavite.
La traduzione più corretta sarebbe “Toh, Prenditi Questo”.
Come si aprivano i concerti di un gruppo con quel nome?
Li avete aspettati, li avete adorati sui poster di Cioè, li avete sognati ascoltandoli alla radio e godendo di brevi clip mandate in onda su Video Music, ora sono QUI: ecco a voi  i “Toh Prenditi Questooooooo”.
Tutti i ragazzini emuli con le mani sul pacco, ad agitarle su e giù, e tutte le ragazzine a strapparsi i capelli e con la bava che sgorga copiosamente dalla bocca, stile pitbull.
E oggi fracassiamo lo scroto per il bacio del Principe Azzurro a Biancaneve.
Va beh. Torniamo al post.

Insomma, di eventi importanti ne abbiamo avuti, ma la settimana scorsa, a Roma, la nostra bella Roma piena di storia e cosche mafiose locali, si è riunito il G20.
TATTARATTAAAAAAAAAAAAA!!!
IL GI-VENTIIIII (applausi)

            - Papà cos’è il Gi Venti?
            - è il punto che tocco a tua madre per farla godere.
            - cioè quando lavi tu i piatti e butti la spazzatura?
            - sì, esatto, hai già capito. E hai solo quattro anni.

Una riunione, per intenderci, di capi di stato che, ogni tanto, in una data decisa a cazzo, si incontrano per prendere decisioni importantissime.
Una specie di gita in campagna, di quelle che si facevano in Quarta elementare, in bicicletta, dove avevi anche il tempo, fra un panozzo e un gioco con le corde, di decidere con i compagni e la maestra, i titoli dei tre libri da leggere durante l’estate che ti separava dall’inizio della temuta Quinta.

     Già la scelta del nome è evocativa di come la pensano; perché, è gente, quella che si è riunita a Roma, che non si classifica per il numero di partecipanti (tre, cinque, venti), ma per l’importanza: "G".
Grandi, Great, Grossi e, se la parola Cazzuti iniziasse per “G”, probabilmente G20 sarebbe l’acronimo di Venti Cazzuti.
Gli americani volevano cambiare la sigla in “the20FB”, “the 20 Fucking Bastard”, ma Mattarella ha fatto notare che il tabellone d’ingresso della location poteva essere scambiato per un film della coppia Stallone-Swarzennegger, allora per il momento sono rimasti sul sobrio.
Perché, perchè sottolineare che sono “grandi”, dicevo?
È come se in un condominio di 195 persone (tanti sono i Paesi del mondo con governi sovrani) ne venissero invitate solo 20 ad un'assemblea, e questa la intitolassero “gli unici 20 del palazzo con l’alito buono”.
Questione di buon tono.

     Di cosa hanno discusso ‘sti venti con l’alito buono?
Fra le tante cose inutili, (tipo di come le banche supportano i debiti dei paesi più sfigati in vista del fatto che non ci sono soldi per vaccinarsi per un virus, che prima o poi dovremo debellare) di inquinamento.
Certo, ci sta bruciando il culo un po’ a tutti, la terra (anzi, la Terra) ci crolla da sotto i piedi, i mari si ribellano - e non sono sicuro siano in corso guerre fra Snorky e Atlantidei -, le specie animali spariscono più velocemente di arachidi salate nella ciotola di un bar durante l’aperitivo, e tutte le volte che piove trenta secondi in più del solito, scende Noè con l’arca, per raccattare nuove coppie di animali da portare su qualche affluente del Po.
I venti del Gi-Venti sono stati capaci di sintetizzare, in due giorni di discussioni, alcuni concetti importantissimi per l’ambiente, che senza di loro cazzo proprio non potevamo farcela: stiamo inquinando, e dobbiamo smettere di inquinare.
Ah, dobbiamo smettere, con calma però: entro venti, trenta o quarant’anni da oggi.
A giudicare dall’età media dei “grandi” presenti in quell’aula, e dalla nostra, che restiamo a chiederci che minchia altro hanno detto di intelligente, direi che gli unici a scoprire gli effetti del Gi-Venti saranno i nostri figli e i nostri nipoti, quando i “grandi” saranno ormai cibo in scatola per cani radioattivi con tre code, e noi saremo vecchietti rincoglioniti, incapaci di pisciare senza l’ausilio di un libretto di istruzioni fatto di immagini.
Grandi, però. A3 pieghevoli, a colori. 

     Cari bimbi sperduti nella penisola che purtroppo c’è, e che ospita anche ‘ste puerili messe in scena - perché, dai, due giorni di chiacchiere, fatti di foto, con tanto di passeggiatine in centro e visite alla fontana di Trevi, non sono altro che una pantomima - tenetevi forte, perché mi sono sparato per voi la dichiarazione d’intenti in inglese (tsè, col traduttore ovviamente), e ne ho scoperto uno favoloso:

Riconosciamo gli sforzi compiuti da un certo numero di paesi per aderire al Leaders' Pledge for Nature e ad assicurare che almeno il 30 % del territorio globale e almeno il 30 % del gli oceani e i mari globali siano conservati o protetti entro il 2030 e noi aiuteremo a fare progressi verso questo obiettivo in conformità con le circostanze nazionali”.
EHEHEH ?!?!?!?!
VI SIETE IMPEGNATI A POTER DISTRUGGERE FINO AL 70% DI TUTTO CIO’ CHE CI CIRCONDA… MA NON DI PIU’?!?!?!
Aspè, che la frase che arriva subito dopo è ancora più bella:
Incoraggiamo e supportiamo gli altri a assumere impegni altrettanto ambiziosi”.
Ma DIO LATTE, come direbbe il buon Natalino Balasso, vi siete impegnati a proteggere solo il 30% di tutto il pianeta a nove anni da oggi, e vi sembra un obiettivo AMBIZIOSO?!?!?!
Fare sesso con Kirsten Dunst vestita da Maria Antonietta , quello è un obiettivo ambizioso!
Ascoltare per tre ore Alberto Angela senza addormentarsi, quello è un obiettivo ambizioso!
Riuscire ad inventare favole a tua figlia tutte le volte che te lo chiede, senza mai farle capire che stai improvvisando, quello è un obiettivo ambizioso!
Oh, se non credete a ciò che scrivo (e fareste bene, di norma), potete armarvi di pazienza, e leggere in tutta calma anche voi la dichiarazione d’intenti QUI (si parla di ambiente dall’articolo 16 in poi).

     Sapete perché sono certo che questi “grandi” 20 siano molto, ma molto distanti da noi?
Prima di tutto perché si incontrano due mezze giornate ogni tanto.

Ho pensato a una telefonata di un amico: «Ciao Rò, ascolta, dobbiamo parlare di una roba troppo seria, no ma davvero, è importantissima, devi assolutamente tenerti libero, abbiamo da prendere una decisione vitale. Mi sono già messo d’accordo con gli altri. No, non tutti, solo quelli con l’alito buono. Vedi di tenerti libero, diciamo… FRA SEI ANNI E MEZZO. Mi raccomando, sabato e domenica eh. No, non tutto il giorno, solo mattina e pomeriggio. Ci vediamo a Roma, così pomeriggio tardi e sera ci facciamo un po' di giri a Trastevere che gira un sacco di roba buona”.


Vado a vomitare un attimo.
...
Ecco, ci sono.

     
Altro motivo per cui il loro interesse per l’ambiente (chiamatelo Environment, che mi frega, i koala e le api non parlano l’inglese) secondo me è una cagata?
Il Gi-Venti è stata occasione per fare portare a segno un bel colpaccio: l’America toglie i dazi su alluminio e acciaio. No ragazzi, non è un regalino trovato sul tavolo dalla raffinata von del Leyen in un Kinderone Sorpresa, perché, in cambio, anche quel simpaticone di Biden ha ottenuto che l’Europa eliminerà altrettanti dazi su prodotti importati dall’America, strascico di una guerra invisibile combattuta da - e contro il - playmobil platinato (Non ci credi? Clicca QUI).
Oh, che bello, salvaguardiamo l’ambiente con la produzione e la commercializzazione di nuovi milioni di tonnellate di metalli e prodotti inutili, che gireranno liberi e felici per i continenti, su navi, aerei e camion, incrementando il consumo di combustibili fossili.
Attenzione, però: in tutto questo c’è una “componente green”.
Già, Ursula e Joe si sono impegnati a sviluppare nuove tipologie di produzione di metalli a bassa produzione di carbonio.
Quindi per decidersi ad inquinare di meno, bisogna prima mettersi d’accordo per inquinare di più.

     È tutto sotto controllo, però, ragazzi: entro il 2030, salvaguarderemo niente popò di meno che il 30% del nostro pianeta. Per il resto, diventerà tutto discarica.
Noialtri, sette miliardi e mezzo di poveri stronzi, ci trasferiremo tutti in Sardegna.

Non in tutta la Sardegna, solo Oristano e provincia: staremo un po’ strettini, ma immagino che sarà divertente.

     A me, ‘sta robba che hanno fatto a Roma il 30 e 31 Ottobre 2021, più che un Gi-Venti, sembra un Gi-Venticello.
‘Na scoreggia, insomma.
Una scoreggia tossica e soffocante di dimensioni globali, però a bassa produzione di carbonio: una scoreggia green.
Buon venticello a tutti.

p.s.: ho postato per voi un video molto graffiante del suddetto, stimatissimo, Natalino Balasso (che non ricambierà mai la stima, più che altro perchè non sa ci càsso sono, per dirla come lui), che tratta il tema dell'inquinamento con.. con... e guardatevelo, no?!



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mercoledì 27 ottobre 2021

Post n.13: Numeri e Nomi - monologo nel mentre si mangia e si beve

 - Una Ciccio Otto, grazie. Quanto costa?
- Otto.
- Sì, l’insalata Otto. Quanto costa?
- Otto, costa otto.
- ma pensa che curiosità, stesso prezzo del nome
- No, il numero È il nome.
- non ho capito
- Il numero è il NOME del prodotto.

La cosa si complica

- Quindi si chiama Ciccio Otto e costa otto euro, ma lo avete fatto apposta? Cioè, avete scelto prima il nome e poi avete adattato il prezzo, oppure era un’insalata chiamata Ciccio da otto euro e l’avete poi soprannominata Otto?

La ragazza smette di sorridere, la gente si gira verso di noi ed io comincio a sudare.

- Ordina QUELLA?

Chiede lei, perentoria

- Sì, sì, certo. Ciccio Otto. Solo che avendo i soldi contati, devo fare bene i conti.. fra birra ed il resto, non ho capito bene quanto spenderò.

- Birra Quattro e Ciccio Otto

Alzo il sopracciglio sinistro.

- Cioè, anche questa volta è sia il loro nome che il loro prezzo? Voglio dire, la birra è quattro euro davvero? Perché leggo che alcune costano anche di più, e non ho capito di quale mi stai parlando.

La ragazza, che ha buttato il menù per terra, chiama la titolare. La gente intorno a me intanto prende il cellulare in mano, credo di essere in diretta su qualche social.

- Va bene, va bene, pago a prescindere, non c’è bisogno di chiamare nessuno.

Finisco tutto mentre ascolto della buona musica dal vivo.
Chiamo la cameriera che, però, non vuole venire. Nessuno vuole venire a servirmi.
Ad un certo punto ne arriva una molto convinta.

- Dimmi

dice abbastanza, no cazzo, davvero seria.

- Un caffè
- Un caffè Uno?

risponde lei, guardandomi fisso negli occhi, imperterrita. Il cantautore che mi aveva invitato ad ascoltarlo, non mi aveva spiegato che in quel locale ogni vivanda ha il nome corrispondente al prezzo.

- Sì Uno

Lei ha un istante di pietà, mi sorride molto, ma molto pacatamente, e mi dice con un fil di voce

- Uno è il nome, e costa un euro.
- Ok, lo prendo, ha un bellissimo nome.

Dopo un profondo sospiro di sollievo, bevo il mio caffè Uno.

È stata una bella serata, la luna piena ha illuminato la darsena, il fresco al collo mi ha ricordato che l’estate è già finita, e la birra da quattro euro mi ha ricordato che, tutto sommato, non è il nome ne’ il prezzo delle cose che contano, ma il modo in cui le vivi.

Viserba (RN), 19/09/2021


parole chiave del post
#birrainsolitaria
#musicadalvivo
#spenderepoco

venerdì 15 gennaio 2021

Post n.12: Fenomenologia del Rompicazzo

  Coronavirus, Classroom, Weschool, DPCM, Meet, il Lievito di birra, tampone, bonsai, gli gnocchi, grow box, ceretta araba, scarpiera, lo Spid, il Lievito madre, Festival di Sanremo, NBA. 

  Miei poveri, schizofrenici e stravolti lettori, vi chiederete che caspita vogliano significare tutte le parole che ho elencato qui sopra, e mentre ve lo chiedete so già che uno spiritello dentro voi sta già suggerendovi la risposta: sono alcune fra le parole più ricercate nel web durante l’intero anno 2020, ed io le ho messe a caso all’inizio del post solo per poter scalare qualche posizione nella giungla delle ricerche.

Tutto qui.
E’ un simpatico scherzo, per cominciare col sorriso.

Non state sorridendo pensando a questo simpatico scherzo?
È perché vi manca il senso dello humour inglese.
  Quello che io ho sempre avuto a quintalate, come quando la professoressa di storia alle medie mi chiedeva perché i romani esitavano ad attraversare il Rubicone nel 49 avanti quell’altro, ed io rispondevo che non ne avevano voglia proprio perché erano romani.

  A tutte le definizioni sopra elencate, ne devo aggiungere una, ma vi tocca spettare la fine del post per scoprirla, anche se dal titolo, se avete un minimo di senso civico e di onestà intellettuale, potreste già indovinarla; si tratta di un nome proprio, anzi un nome seguito da un cognome.
Ecco, vi ho dato un indizio, così potete continuare a volermi bene.

  Provo ad immaginare quel certo imbarazzo di chi si trova davanti il termine “Rompicazzo”, ma ragazzi, siamo tutti grandi e vaccinati (ah, già, mi mancavano VACCINATI, VACCINO, VIRUS, COVID, SIRINGA, PFIZER, MICHELLE PFEIFFER) e immagino che una parolaccia non guasti le feste a nessuno, anche perché è proprio il genere di persona a cui mi riferisco, il guastafeste.
Quello che guasta le feste.
Non so voi, ma al di là delle battute, io ho conosciuto davvero il guastafeste, il Rompicazzo.

  Quando sei al mare, e ci vai una volta l’anno se vivi in qualsiasi altra parte del mondo, e per un anno non pensi ad altro che andare al mare, solo per due settimane, se hai un’età compresa fra i sedici ed i vent’anni, quelle due settimane sono conteggiate in ore già distribuite secondo un bollettino preciso:
- ore totali: 336
- 10 ore per viaggio andata e ritorno

- 78 ore per sonno (6 ore notte x 13 notti)
- 13 ore varie (1 ora giorno per fare spesa ed altro)

- 6,5 ore bagno, nel senso del cesso (mezz’ora al giorno)
- 228,5 ore libere per cuccare (sinonimo di conquistare il cuore di qualcuno e generare amorose situazioni estive).

 

Il Rompicazzo, però, se è un tuo compagno di vacanza, si lamenta
del cibo comprato, della piazzola che ti hanno assegnato al campeggio (il terreno è troppo duro e non entrano i picchetti, gli alberi sono troppo
distanti e non si riesce a tirare le corde per stendere i panni, i bagni sono vicini c’è cattivo odore, non c’è ombra fa troppo caldo già dalle sette e mezza), vuole fare le gite quando la sera prima si è fatto tutti tardi e si vuole dormire tutta la mattina in spiaggia, e vuole dormire quando si è deciso di andare a vedere una bellissima grotta con i pipistrelli.
  Il Rompicazzo non sa farci con le donne,
e fin qui pazienza, ognuno è fatto a modo suo, ma il suo problema è che appena trovi la ragazza tu, lui si attacca come una mignatta, e non si stacca più, facendoti perdere ogni minuto di quei 13.710 preziosi minuti di quelle 228,5 preziose ore dedicate come da programma alle limonate estive, che non sono bibite fresche siciliane.

  Il Rompicazzo, quando è sera tardi e tutti sono ad una festa e l’atmosfera si scalda, e perfino i pezzi di marmo cominciano lentamente a sciogliersi come gomme frizionate, e perfino quelli che si stanno sulle palle cominciano a farsi battute e darsi una mano a vicenda per concludere qualcosa, si inventa un’allergia, una vomitata sul tappeto, una telefonata urgente, un “devo andare a casa qualcuno mi accompagna?”, un “questa bibita è calda”, una luce accesa nel momento sbagliato e nel posto sbagliatissimo davanti a tutti, e tutti piano piano dicono “eh sì, anche io vado”, e le gomme pian piano tornano marmi freddissimi, e duri.
Come marmo, appunto.

  Il Rompicazzo alza la voce il sabato sera perché anziché in un locale vuole andare in un altro, e siccome guida lui, tutti i maschi della compagnia s’incazzano perché avevano il puntello con delle ragazze da un’altra parte.

  Per andare nel locale scelto da lui, oltretutto, si perde un’ora a parcheggiare e si finisce la serata optando per un autogrill di merda, mangiando panini col prosciutto crudo marcio e biscotti al cioccolato, e bevendo birra tedesca in lattina, che sa di lattina.
Che poi vomiti sul marciapiede roba che sa di lattina al prosciutto crudo e cioccolato.

È lui, sempre lui, in agguato.
Lui non è cattivo, è peggio, è anche bugiardo. Il Rompicazzo ti dice che è stanco e invece esce con i tuoi amici al posto tuo, mentre tu stai a casa proprio la sera in cui volevi svagarti un po’ per non pensare ai problemi e volevi chiacchierare di cose leggere.

Il Rompicazzo sta come le arpie sugli alberi spogli nel secondo girone dell’Inferno di Dante, si pasce della tua voglia di vivere, di essere, di fare, e lui contento se la ride.

Uno così, pensa se si mettesse a fare politica, che matte risate per tutti.

Dal 26 Ottobre 2012 al 16 Febbraio 2014 direbbe che non salirebbe mai al Governo senza prendere voti dal popolo, e il 17 Febbraio diventerebbe Premier dichiarando “Vogliamo arrivare fino al 2018” (questa l'avevo già sentita, dove? QUI).

Uno così nel 2013 farebbe il Sindaco di Firenze girando tutte le TV per parlare di politica Nazionale preparando il terreno per guastare le feste ai vertici del suo partito.

Uno così nel 2021, se l’Italia venisse investita da una pandemia globale (PANDEMIA, PANDEMIA, PANDEMIA), farebbe di tutto per far cadere un Governo che sta appoggiando con un partito senza programma che non ha fatto campagna elettorale nel territorio, solo per ottenere risultati in realtà già ottenuti da mediazioni già andate a buon fine, e lo farebbe chiedendo ai propri ministri di dimettersi dichiarando che è stato il Presidente del Consiglio a cacciare il loro partito di appartenenza dalla maggioranza.

Un Rompicazzo così si comporterebbe da rompicazzo a tutti gli effetti, insomma.

Non so cosa ne pensate, ma mentre scrivo a voi - e sono le 01:32 del 15/1/2021 - sto leggendo le news sulla crisi di Governo, su chi l’ha causata, e mi vien la nostalgia delle vomitate all’autogrill.

Un Rompicazzo in politica sarebbe pericoloso, non per la democrazia (è bello che ognuno eserciti attivismo, fa bene) ma per il benessere della collettività, perché se per qualche iattura dovesse non si sa come raggiungere i vertici delle istituzioni, finirebbe col giocherellare sulla salute della gente, pensando ancora di essere al sabato sera e di rovinare una semplice uscita con gli amici.

Un paese come l’Italia, però, vive un equilibrio ultra fragile, perché la burocrazia, le mafie, il debito pubblico e le penose gestioni passate hanno lasciato un paese a pezzi e sacche di povertà allucinanti.

Porca vacca come sono serio, spè che bevo la tisana alle prugne (azz s’è raffreddata!) e torno normale.

Bene, siamo giunti alla fine del post, l’identikit del mitico Rompicazzo oramai è delineato, e so che tutti state aspettando che getti la maschera e scriva il nome e cognome che vi avevo preannunciato, quel nome e quel cognome più cliccati del 2020, ed eccovi accontentati, miei sciagurati lettori: Diego Armando Maradona.
Tiè, Fregati.


Oh è troppo tardi, vado a dormire.
Miei cari sperduti lettori, grazie per aver letto il mio pessimo blog fatto di filosofia spicciola anche questa volta, alla prossima e ricordate di lasciare il vostro commento!

parole chiave del post
#crisidiGoverno

#rompicazzo
#filosofooverground

Brano musicale: Il filosofo overground, Giorgio Gaber