Sì,
miei cari lettori, ed è faticoso crederci, fidatevi.
Non si tratta di una banale
mancanza di autostima, perché credo profondamente nella qualità della mia
opera, altrimenti non avrei tempestato di mail mezza Italia nella speranza di
farmi pubblicare.
Solo, si fatica a gestire l’emozione
e la lucidità necessaria a portare avanti la pubblicità che l’opera merita, e
talvolta bisogna fare un po’ di meditazione per rifare il punto della
situazione.
Andiamo, però, con ordine.
Cosa ho scritto?
O, per meglio dire, cosa avevo
scritto?
Già, perché le sette storie
orrorifiche raccolte negli Incontri del cimitero di C., sono nate in un
arco temporale di circa diciassette anni (fra il 1995 ed il 2004), e poi tutte
revisionate definitivamente nel 2022, dopo varie rivisitazioni.
A cambiare sono stato
soprattutto io, crescendo, vivendo anni densi ed imprevedibili, che mi hanno
permesso di conoscere meglio le dinamiche della nostra multiforme società da un
lato, e dell’animo umano dall’altro; esperienze, le mie, che sicuramente hanno
influenzato i contorni delle novelle raccolte nel libro che, a rileggerlo, sembra
quasi un’unica storia.
Non sarò certo io ad influenzare
il lettore suggerendo a priori suggestivi e fantasiosi fili logici narrativi,
anzi sono piuttosto ansioso di ricevere qualsivoglia recensione e parere, e
devo dire che quelli già ricevuti mi hanno divertito assai, intellettualmente
parlando.
Cos’è l’orrore?
Perché l’orrore ho voluto
evocare, con il titolo che ho scelto, e non altro.
Per i latini, l’orrore è un
impatto violento di repulsione, una sensazione incontrollata di spavento e
ribrezzo provocata da qualcosa – o qualcuno – di talmente disgustoso da
obbligare la propria anima e la propria persona a cercare riparo nella fuga
immediata, del corpo stesso, della vista, o del pensiero.
Non parliamo, quindi, di
spiritelli o mostriciattoli, di cui ci si aspetta, per qualche motivo, la
venuta.
Un indimenticabile, nonché
celeberrimo, monologo del Colonello Kurtz di Apocalypse Now, interpretato da un
gelido ed implacabile Marlon Brando, descrive così, perfettamente, l’immagine
dell’orrore:
“Ricordo, quand’ero nelle
forze speciali, sembra migliaia di secoli fa, andammo in un campo, per
vaccinare dei bambini.
Kurtz (Brando) in una scena del film |
Detto ciò, sì, oramai l’ho nominato, e quindi va tirato in ballo: cosa c’entra Edgar Allan Poe?
Perché, diciamocelo, nonostante alcuni degli episodi nati dalla penna dell’oscuro-luminoso e sregolato di Baltimora ci riescono difficili da associare al vero (un cavallo enorme che si immola nel fuoco per dare compimento ad una maledizione, sì, forse, è un po’ forzato), nessuno deve avere l’ardire di negare d’aver provato autentici brividi nel leggere le storie di Poe, che hanno raggiunto vette d’irraggiungibile crudeltà e orrore.
Un orrore non fine a sé stesso, ma come catarsi del male nel mondo, e della storia.
Le punizioni inquisitorie lente e micidiali del Pozzo e il Pendolo, le vicissitudini agghiaccianti al limite del folle di Gordon Pym, del tutto verosimili paragonate alle condizioni di vita in cui versavano gli uomini di mare ai tempi dell’autore, la discesa nell’oscurità dell’anima e delle proprie azioni senza ritorno del protagonista che, nella novella forse più tristemente famosa, tortura e uccide Plutone, il suo Gatto nero.
Tanto più male ha attraversato il mondo – e ne abbondava, ai tempi di Edgar – tanto più agghiaccianti erano le sue storie, in un gioco di specchi malefici, volto forse a dire: ecco, io so come siete, e siete dei mostri.
Così è valso per Gli incontri del cimitero di C. ed altri racconti dell’orrore.
Fattori umani e disumani, in un susseguirsi di idee ed immagini che non ho voluto assolutamente accostare le une alle altre.
Infatti, i sette racconti sono ben diversi fra loro, per temi e stili di scrittura, e per forma di paura.
Io non ho voluto incutere paura in nessuno, ma ho provato a descrivere le paure del mondo, il mondo di cui accennavo all’inizio, quello che ho imparato a conoscere crescendo, leggendo, vivendo, intrecciando relazioni con moltissime persone, di ogni età ed estrazione sociale, e cambiando molte città.
Ovviamente, anche nel mio caso, come in Poe, di catarsi si tratta: se parlo di orrore è per puro gioco, poiché quando si gioca con le ombre ai nostri piedi, è perché sappiamo bene che la luce, dietro di noi, è pronta ad illuminare il nostro viso, ad ogni fugace sbirciata.
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