Scoprire, fra tanti
pretendenti, chi potrebbe avere il “Fattore X” - una particolare propensione
all’arte, all’originalità e, ovviamente, alla capacità musicale - e poi
renderlo famoso grazie ad un programma televisivo: idea carina.
Nulla di male, insomma;
anche i reiétti sfigati e poveracci hanno diritto ad un po’ di visibilità.
Se dalla vittoria di
quella gara canora, poi, nasce un futuro nel mondo della musica ad alti livelli,
beh, tanto di guadagnato per il fortunato di turno.
Il tutto, sempre sotto
il segno di una sana ricerca del famoso “Fattore X”.
Miei cari bimbi
sperduti nella penisola che purtroppo c’è, come state?
Vi siete svegliati, o
state ancora sognando, fuorviati dalle prime parole di questo post, un mondo in
cui i Talent Show sono per prima cosa degli show e, soprattutto, servono a
cercare dei talenti?
Ve lo chiedo, perché
programmi come X Factor non hanno obiettivi così nobili, ma producono, forse e
soprattutto, ascolti, e che ascolti!
Vomitelli, scoregge e ruttini da divano, direi, considerando i puerili dati Auditel che si aggirano fra il 2.8 ed il 3 % di share, anche se giornalisti esperti di tecnologia come Francesco Marino, su intriganti post di /digitalic si sforzano di sfoggiare centinaia di ulteriori dati che rafforzerebbero il gradimento del programma: numero di Account più coinvolgenti, post più coinvolgenti, attivisti più coinvolgenti della giornata, hashtag più usati.
Tecnicamente, i Top Influencer che hanno generato più engagement (like, repost e commenti).
In pratica, quelli che non hanno un cazzo da fare e stanno col cellulare in mano per postare frasi a caso sul programma, aggiungendo un hashtag alla fine della frase o del post (cosa che, ovviamente, farò anche io alla fine di queste righe, pensate che sia meno scemo degli altri?).
Sapendo che l’hashtag genera visualizzazioni, è una gara a chi scrive di più, chi pubblica di più, quindi si guarda il programma per commentare sui social - tutti i social possibili, anche se inventassero una cacchetta che sorride tipo quella di Arale, che invita a scrivere durante attacchi di diarrea fulminante - e i commenti sono sulla storia personale della cantante, sui capelli che ha, su come si muove, sulla cattiveria dei giudici, sulla scenografia, sui Måneskin, che non c’entrano un cazzo, ma tanto trattarli male è diventato sport nazionale.
Non un pubblico, ma una specie di pubblico in cerca di successo di riflesso che cavalca l’onda, e che magari ha il fratello, il cognato, la cugina, la figlia, che sta partecipando ad X Factor.
Loro, la specie di pubblico, sono il metro di valutazione per la qualità di un Talent Show, infatti le puntate sono tutte una rottura di scroto perpetua sul “seguiteci sulla Pagina Instagram, scrivete hashtag di qua, hashtag di là”…
Hanno persino inventato una sorta di sit-com con Hell Raton (Topone Infernale, uno dei giudici di X Factor, rapper, produttore musicale) intitolata SOUNDSBUENO - anzi, scusate, #SOUNDSBUENO, perché furbescamente con l’hashtag già nel titolo, la gente non potrà mai dimenticarsi di aggiungerlo scrivendone a proposito - da seguire su YouTube, durante la quale verrà scritto e prodotto un singolo con… con… Orietta Berti.
EEHHH?!?! ORIETTA BERTI?!?!
Spetta. Mi calmo.La loro mossa astuta è
quella di portare ME - e quelli come me - ad essere intollerante e dire cose
razziste verso una persona avanti con l’età, mentre il Topone Infernale passa
per quello che unisce le generazioni e senza pregiudizi si apre al simbolo di
un’altra epoca, creando contaminazione musicale.
Io, però, non ce l’ho
mica con Orietta Berti, anzi la trovo molto intonata e professionale.
E molto
famosa.
Da anni.
Tanti anni.
Per l’esattezza, la sua carriera è cominciata nel ’64
cantando le canzoni di Suor Sorriso (La fonte? Ovviamente, il SITO UFFICIALE),
quindi si tratta di 57 anni di soldi in tasca; mi sembra la persona giusta da
lanciare nel mercato con una NUOVA trovata pubblicitaria su un programma
dedicato ai NUOVI talenti.
Il bello sono i
commenti delle persone sul Tubo, tutti entusiasti per la creazione di un titolo
da mettere al nuovo pezzo che farà sempre più ricchi quelli già ricchi, e
sempre più guardoni e sfigati quelli guardoni e sfigati. Vediamone alcuni (copio e incollo eh, paro paro):
- Ciao J Il titolo che vi
proporrei è il seguente: "Dolce amara poesia
- Propongo: “Buonanotte
all’amore” oppure “Mi hai rubato la luna”
- Io andrei di
“Lunatica”
- Farewell-Despedida de
la noche-vale noctis (latino)
- TITOLO: Cierre bajo
la luna Il senso spero si capisca, la traduzione spero vada bene. Fatemi sapere
cosa ne pensate . 😇
Capito?
Questi sono convinti che qualcuno risponderà ai loro messaggi.
Comunque… 12.979,
16.221, 11.390: non sono i neuroni rimasti nel mio cervello, ma le
visualizzazioni ai video di cui sopra.
Oh, il Topone Infernale
e compagnia hanno proprio indovinato il format: un social network macina cliccate
travestito da gara canora.
- OOOHHHHH Minchia Rò sei trooooppo esagggerato! -
Bene, ora che abbiamo
capito chi è il pubblico di X Factor (il target, si direbbe in gergo),
cerchiamo di vedere come funziona sto programma OGGI.
Prima di tutto, come si
guarda? Copio e incollo di nuovo, ma cancello il nome dei canali:
“Giovedì 16
settembre alle 21.15 su S** U** (canale 1**, digitale terrestre canale 4**),
sempre disponibile on demand, visibile su S** G* e in streaming
su N**, arriverà la prima puntata delle selezioni di X Factor 2021.
L’esordio di questa edizione sarà in simulcast su TV* (al tasto 8 del
telecomando), mentre dalla seconda puntata in chiaro X Factor 2021
andrà ogni mercoledì in prima serata.”
Niente, lo leggo,
rileggo. Ci dormo su.
Lo scrivo su un
foglietto, mi faccio lo schemino. Penso finalmente di aver capito, poi su
Instagram leggo “#XF2021 ogni giovedi alle 21.15 su…” eccetera eccetera.
Vado in crisi.
Penso che i magnaschèi,
come li chiama Balasso, possono permettersi la tv a pagamento, come anni fa era
per TELE +, e quindi vedono le puntate prima dei poveracci, ma poi i conti non
tornano; a pagamento il giovedi ed in chiaro il mercoledi… fra l’altro in
chiaro è tutto tagliato, non si capisce che cazzo dicono le persone, parte il
gingle a metà frase, le telecamere girano a volo per lo studio, che viene da
vomitare tutte le volte, e nonostante il ritmo serrato, le puntate finiscono
praticamente quando canta il gallo di fronte a casa mia, e fra l’altro canta
solo perché si è rotto le balle di sentire la roba che esce dalla tv della sua
vicina - che segue X Factor - e spera di coprire il rumore urlando.
Con un po’ di calma,
capisco che è tutto un intreccio di puntate in diretta e repliche, che servono
ad alimentare, con sei giorni di differita, proprio il popolo dei social,
milioni di follower (ma la "s" ci va o no nei sostantivi plurali inglesi italianizzati? no perchè qualcuno dice di sì, qualcun altro ti uccide se lo fai. Scrivetemelo nei commenti per favore. Io credo di no.) che scrivono “hai visto la diretta ieri?” “no” “va beh, lo
rifanno mercoledi prossimo in chiaro, comunque ti racconto tutto adesso”.
Bella sorpresa, eh?
E giù coi click.
E coi commenti.
E con gli hashtag.
Beh, vale la pena
aspettare una settimana, non c’è che dire.
Oh, sia chiaro, miei
cari lettori squinternati, che io non ho la tv, come chi mi segue già sa, e che
so tutto ciò perché ho un video attaccato ad una chiavetta che mi permette di
vedere ciò che voglio e quando voglio; ve la suggerisco, è una forma di
libertà.
Dicevo, vale la pena
aspettare (ed è proprio una pena), perché quand’è il momento di vedere le
esibizioni degli aspiranti artisti, mi si allarga il cuore; sembra lo spot di
un’associazione di volontariato che aiuta le persone in difficoltà.
Sono tutti casi umani.
Strazianti, oltretutto, per lo meno, così li
presentano.
Nulla da dire nei
confronti dei casi umani, io ne porto la bandiera, ma se mi presentassi ad un Talent
Show, di certo non racconterei le mie patologie e la storia della mia famiglia,
soprattutto mi sentirei a disagio che lo facesse qualcun altro al posto mio,
davanti a chissà quanta gente pronta a giudicarmi.
“Ecco a voi Peppino, è
orfano, non ci vede da un occhio, ha il fegato frullato, è un poveraccio, e
vorrebbe esibirsi”, non è molto allegro.
“Ecco a voi Peppino,
ama la musica e vuole convincere la giuria che è lui l’artista col Fattore X di
quest’anno” forse suonerebbe meglio, la frase dico, Peppino non lo so.
Dunque, aver raccontato
(liberi di farlo, ma… liberi davvero? Dico, con quella promessa di successo
Soprattutto, farlo senza neanche essere vincitore del programma, ma quando ancora non sei un cazzo di nessuno, quindi solo uno schiavo dello sponsor a prescindere, una pedina nelle mani della produzione, che non sta a vedere se tu hai il Fattore X, ma vede soprattutto il suo Fatturato € durante la settimana di differita in cui tu hai posato con lo sponsor in mano, e i follower del social-programma tv hanno comprato il tuo stesso inutile telefonino, cambiando quello che già avevano, e prosciugando le tasche dei genitori.
A posare per gli sponsor ci mettono anche una concorrente di sedici anni che insegue un sogno, senza pietà alcuna.
Manuel Agnelli (un altro giudice) qualche puntata fa se ne esce - in una delle sue bibliche litanie, entusiasmanti come il foglietto illustrativo delle bustine Kijimea per il colon irritabile - con una stupenda, encomiabile raccomandazione, a non ricordo quale cignetto nero “…guarda che là fuori è pieno di lupi”.
Capito? Metteva in guardia un concorrente sul fatto che il mondo della musica, quello vero (ah, scusa, quindi qui non si sta facendo musica vera? Che cazzo state facendo, cantate sotto la doccia durante una masturbazione?) sarebbe pericoloso… e cosa c’è di più pericoloso che essere sfruttati da uno sponsor in prima serata davanti a milioni di persone, con video ed immagini che rimarranno per sempre su internet, dopo essere stato denudato delle proprie fragilità davanti a tutti, e spogliato della propria originalità?
Cosa cazzo c’è di più pericoloso, si può sapere eh?!
Vampiri che ti attirano in un locale del Texas con la promessa di ottimo cibo e sesso facile, poi chiudono le porte a chiave e mangiano vivi tutti gli scemi che ci sono cascati?
Mie carte cartelle esattoriali colorate di verde per far cagare in mano quelli che le ricevono, quando il giudice di una gara di musica dice che FUORI da lì si fa musica vera, vi rendete conto che qualcosa non quadra? È come andare ad un corso di cucina con tanto di gara finale, e con tutto il culo fatto per imparare nozioni culinarie raffinatissime, uno dei giudici si alza e dice “sì, ma ora alziamoci tutti e andiamo a mangiare da qualche parte, ‘chè qua mi sembra di ingerire polistirolo e colla vinilica”.
Una considerazione è
tutta per la pantomima dei giudici.
Porca puzzola, ci fosse
mai ‘na vorta che le esibizioni vanno bene.
Che si tratti di un
singolo cantante o un gruppo, nelle varie esibizioni che sono costretti a fare,
i giudizi sono sempre gli stessi; ‘sti giudici non si sa come minchia
accontentarli, qualunque cosa si faccia, è sbagliata, e senz’altro andava fatto
l’opposto, anche se la volta prima avevano suggerito loro stessi quell’idea.
Esempio.
Arriva un gruppo
fortemente caratterizzato da un certo sound?
“ehh, troppo di
nicchia, ragazzi, dovete aprirvi a nuove sonorità, sperimentare.”
Il gruppo sperimenta,
cambia.
“ehh, quello che avete
provato non è nelle vostre corde, non dovete sperimentare, dovete essere fedeli
a voi stessi”
Il gruppo ritorna sui
passi, ma cerca un pezzo famoso.
“ehh, la scelta è
importante, ma non potete capire quel brano, perché non siete degli anni ’80, e
poi siete tornati sui vostri passi, sembra che stiate assecondando la volontà
di noi giudici”
Il gruppo si confonde,
non capisce, riprova, sono bravini cavolo, ma a questo punto sono troppo
emozionati ed inibiti, hanno perso smalto.
“ehh, ragazzi, siete
emozionati, dovete osare”
Volta dopo, OSANO, spaccano di
brutto, il vocalist sfrutta il palco, urla e gioca con l’asta del microfono.
“ehh, ragazzi, avete
osato troppo, troppo arroganti, dovete misurare le emozioni”
MA CHE CAZZO DEVONO
FARE STI RAGAZZI EH?!
MA PORCA D’UNA PUTTANA
MISERIA, CE LA FATE A DIRE SOLO SE SONO BRAVI A SUONARE E IL CANTANTE ERA
INTONATO?
Va bene, mi calmo, mi calmo.
La frase più bella, che
già sfuggiva alla Simona Ventura tempo addietro, e nessuno si scandalizzava, ma
che oggi oramai è proprio l’argomento di discussione fra i quattro giudici, è
“Non so se posso considerarti un buon prodotto commerciale”.
Capito?
Non devono essere artisti veri, avere il Fattore X, ma essere un prodotto
commerciale.
Come una mozzarella di
Bufala D.O.P., o una mensola dell’Ikea.
Fra l'altro, lo dicono mentendo,
sapendo di mentire, perché i concorrenti sono già un prodotto commerciale, dal
momento esatto in cui hanno scelto di entrare nella macchina-macina-like, col cellulare
dello sponsor in mano (e la dignità nel culo, oserei dire).
Silenzio. Sospiro.
Io sono stato giudice
di una gara di canto, diversi anni fa, in un grande locale di Cinisello
Balsamo, alle porte di Milano, in qualità di attore e regista; dovevo valutare
la presenza scenica dei concorrenti.
Vi giuro, avevo una
delicatezza ed una cautela nel dare il mio giudizio che non potete immaginare,
mi sentivo un’enorme responsabilità, perché erano tutti giovanissimi e
pendevano dalle labbra di noi giudici, benché si trattasse di una piccola gara
(beh, piccola si fa per dire, si vincevano
1000 € e la pubblicazione di un cd).
Pesavo parola per
parola e mai, mai sarei stato capace di dire “Non so se posso considerarti un
buon prodotto commerciale”.
Avrò il cuore fragile,
del resto piango ogni volta che guardo Lilo&Stitch, cosa vi aspettate da
uno come me?
Beh, dopo aver fatto la
morale ai concorrenti su cagate galattiche e rotto le palle su stonature
impossibili da percepire dall’orecchio umano, il 04 Novembre, Ludovico Tersigni
- il presentatore dall’accento incerto e
l’abbigliamento credibile come il Papa che ascolta Marilyn Manson - accenna ad
un “ed ecco un grande artista”, ed introduce LUI, un artista, uno che secondo loro dovrebbe avere il Fattore X, uno che o sa cantare, o sa gestire il palco, o
dice cose profonde nel caso in cui pecchi nelle due precedenti.
LUI arriva.
È Chiello.
Quando ho sentito il
nome ho pensato Chiello? E chi sarebbe? Ah ho capito, dopo Orietta Berti, ora
fanno contaminazione con Renato Carosone, e mi sono immaginato una sorta di rap
a voce rotta “Chella llà chella llà mo’ va dicenno ‘ca me vo’ lassà…”.
E invece no, niente
Carosone, e niente orchestra italiana con Renzo Arbore. Entra una personaggio
dall’atteggiamento alterato, diafano, bianco, che gironzola per il palco e
sbiascica qualcosa che sembrano due canzoni. La seconda è sbalorditiva per il
testo, ma forse ne parleremo in un altro post.
Fine esibizione, applauso esplosivo di un pubblico in delirio. Delirio davvero, direi.
Dopo tanti dubbi sul cosa intendessero i giudici per “arte”, “originalità”, “intonazione” e “gestione del palco”, finalmente ne ho un esempio lampante.
Chiello llà, Chiello llà.
Stacco pubblicitario.
Al rientro in studio,
immagino Manuel Agnelli, guru citazionista di ogni band dello scibile musicale
dagli anni ’60 ad oggi (no, vi prego, non paragoniamolo al genio sregolato di
Morgan), che si alza in piedi e dice “ok, ragazzi, purtroppo non posso oppormi
alla scelta della produzione su quale gente invitare qui, però personalmente,
per la carriera che ho, per ciò che dico ai concorrenti e per ciò che
rappresento, volevo dirvi che mi dissocio dalla definizione di grande artista
che è stata data poco fa al tipo che è entrato in scena”.
Pensa che super figura
da super mega figo. Non mi sta particolarmente simpatico, col suo fare da
rochettaro riccoide alla corte di sua Maestà il denaro, ma con una presa di
posizione del genere avrebbe davvero meritato dieci milioni di applausi per
vent'anni di fila.
Invece… niente,
silenzio, tutto come nulla fosse, si ricomincia la gara, e ricominciano le
prediche ai concorrenti che dovrebbero imparare a cantare ed essere “artisti”.
Pensare che la settimana prima era stata ospitata Carmen Consoli, e che nel suo gruppo aveva, fra gli altri, Marina Rei alla batteria e Max Gazzè al basso; aveva anche citato Battiato per salutarlo, ma senza eccedere, solo qualche verso parlato, da “Tutto l’universo obbedisce all’amore”.
Va bene, mie cari
puledri di zebra a quadretti che non siete altro, se siete giunti fino a qui -
e dubito, perché se mi sono rotto le palle io a scrivere, figuratevi voi a
leggere - vuol dire che attendete con ansia una chiusa a questo agguerritissimo
post, ma devo deludervi parecchio, perché temo di essere sfornito di idee per
finire in bellezza.
Non sempre so cosa
scrivere esattamente, a volte perdo davvero lo smalto, e non quello delle unghie.
Probabilmente non sono
per nulla un bravo blogger, uno scrittore, un tipo social in grado di affiliare
i propri lettori, un leone da tastiera.
Cosa volete che vi
dica, temo proprio di non essere un buon prodotto commerciale.
p.s.: ecco il brano - ed il video - che ho scelto per questo post, a proposito di artisti, di coraggio e di messaggi da veicolare. Buona visione, e… dedicatela a chi volete, tanto è buona per tutti ;)
Brano musicale: Vaffanculo, Marco Masini
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